Andrea Zanzotto, la poesia mia difesa
Il poeta incontra Giorgio Albertazzi e un gruppo di giovani
Andrea Zanzotto (1921-2011) è stato uno dei maggiori poeti del Novecento. In questo filmato rarità di Rai Teche, l’attore Giorgio Albertazzi, insieme a un gruppo di ragazzi, intesse con l’autore stesso un dialogo incentrato sul rapporto tra poesia e realtà. La poesia Sì, ancora la neve!, tratta dalla raccolta La Beltà (1968), costituisce uno degli esiti più maturi di una poetica basata sull’innovazione lessicale, sullo scardinamento
del linguaggio, un linguaggio in cui il poeta letteralmente si
“inabissa”. A tale sperimentalismo è sottesa l’idea della poesia come
atto di verità. La sua valenza conoscitiva tuttavia non si risolve in un
risultato, in un approdo, ma consiste piuttosto in una ricerca perenne
di senso. La poesia di Zanzotto è precipuamente “resistenza alla perdita
di senso” dell’uomo e del mondo, tensione verso un significato che si
dà in modo intermittente e solo nel linguaggio poetico, la cui capacità
di significazione è comunque sempre messa in discussione.
Questo
tentativo di afferrare un mondo, una realtà recalcitrante, che sempre
sfugge, è accompagnato dalla consapevolezza profonda dell’accidentalità
dell’uomo. Il richiamo alla neve è dunque il richiamo a qualcosa di
imperituro: la neve è sempre la stessa di cento milioni di anni fa,
nonostante la corruzione consumistica attuale. Le ultime riflessioni che
emergono in questo filmato sono dedicate alla vocazione rivoluzionaria
della poesia e al rapporto tra quest’ultima e gli sviluppi tecnologici
che hanno segnato la più recente storia dell’uomo. Zanzotto auspica una
tecnologia pulita ed elegante, in accordo con la natura, una tecnologia
che sia “poeticamente programmata”.
Nato a Pieve di Soligo nel 1921, Andrea Zanzotto partecipò alla Resistenza nella fila di Giustizia e Libertà, occupandosi del settore stampa e propaganda. A guerra finita emigrò in Svizzera e in Francia per un anno, rientrando alla fine del 1947 e ripartendo dalla scuola, dove aveva iniziato l'insegnamento poco prima della guerra. Per la sua produzione artistica, cominciata in giovane età, fu decisiva la partecipazione, nel 1950, al premio San Babila. La giuria, composta dai più grandi poeti italiani dell'epoca (Ungaretti, Montale, Quasimodo, Sinisgalli e Sereni), gli attribuì il primo premio per una serie di scritti poetici che saranno pubblicati un anno dopo con il titolo Dietro il paesaggio. L'esperienza partigiana e l'attaccamento al suo territorio ed al suo passato ne hanno segnato l'opera, tornando attraverso i temi sociali, politici e ambientali. "Che cosa si capisce della vita dopo 90 anni?" gli aveva chiesto un giornalista nel giorno del suo 90° compleanno. "Niente - aveva risposto lui - per dire parole che valgano la pena bisognerebbe almeno averne 900 di anni...".
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