25 APRILE 2021
“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c'erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l'Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c'era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono.”
Con queste parole di Italo Calvino cerchiamo di rispondere ai tentativi, purtroppo sempre in auge, di mettere sullo stesso piano chi combatteva nella Resistenza e chi invece si batteva per il trionfo del Nazismo.
Non facciamo fatica ad ammettere che nel corso della lotta di Liberazione e nel primissimo dopoguerra, alcuni partigiani, ex partigiani, o soggetti che si proclamavano tali, si macchiarono di crimini gravi, talvolta totalmente gratuiti ed ingiustificati, talvolta mossi da un desiderio di rivalsa, dopo vent’anni di dittatura e cinque di guerra durissima.
Fatti che comunque non giustificavano vendette immotivate e a freddo.
Detto ciò non si possono, da alcun punto di vista, mettere sullo stesso piano gli uomini e le donne della Resistenza con coloro che scelsero di collaborare con il regime nazista nell’occupazione del Paese, nelle stragi contro i civili; con coloro che parteciparono attivamente ai rastrellamenti, alle torture alle deportazioni di tanti e tante, mandati a morire nei campi di prigionia e sterminio.
45.000 partigiani morti, 20.000 mutilati o invalidi, la partecipazione delle classi subalterne alla lotta per l’emancipazione collettiva, per la Liberazione del Paese, per la definitiva cancellazione del fascismo, gli scioperi sociali, il no dei tanti prigionieri italiani ad entrare nei reparti della RSI, le diserzioni, il freddo, la fame, il coraggio e il sacrificio.
Tutto questo e molto altro ancora è stata la guerra di Resistenza.
Una guerra durissima, in cui il variegato movimento partigiano combatteva in primo luogo contro il nazifascismo e in seconda battuta per consegnarci un Paese diverso in cui vivere dopo il conflitto.
Se poi, come diceva Norberto Bobbio, “l’Italia non è diventata quel paese moralmente migliore che avevamo sognato: la nuova classe politica, salvo qualche rara eccezione, non assomiglia a quella che ci era parsa raffigurata in alcuni protagonisti della guerra di liberazione, devoti al pubblico bene, fedeli ai propri ideali, intransigenti, umili e forti insieme.”, non è certo per responsabilità dei partigiani, che hanno sempre avuto la forza di ammettere anche i limiti, gli errori e le responsabilità della Resistenza.
Fatto, se possibile, che li rende ancora più meritevoli di essere ricordati.
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