sabato 2 novembre 2019

Alda Merini, Poesia


E poi fate l’amore.
Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo
i baci lenti sulla bocca,
sul collo,
sulla pancia,
sulla schiena,
i morsi sulle labbra,
le mani intrecciate,
e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti
da diventare una cosa sola,
corpi incastrati e anime in collisione,
carezze sui graffi,
vestiti tolti insieme alle paure,
baci sulle debolezze,
sui segni di una vita
che fino a quel momento
era stata un po’ sbiadita.
Intendo dita sui corpi,
creare costellazioni,
inalare profumi,
cuori che battono insieme,
respiri che viaggiano
allo stesso ritmo.
E poi sorrisi,
sinceri dopo un po’
che non lo erano più.
Ecco,
fate l’amore e non vergognatevi,
perché l’amore è arte,
e voi i capolavori.

domenica 6 ottobre 2019


Scosse elettriche su ragazzini di 15 anni. Giorni interi rinchiusi in dei container. Strumenti tecnici sofisticati per la cattura di esseri umani. «L’Europa paga la Croazia perché faccia la guardia ai “suoi sacri confini” e della Bosnia ha fatto una discarica umana», dice l’attivista Lorena Fornasir

«Quello che sta accadendo tra la Bosnia e la Croazia è un disastro umanitario». È questa la fotografia che Lorena Fornasir fa di quello che avviene al confine tra i due paesi.
Lorena Fornasier, 66 anni, e suo marito Gian Andrea Franchi, 83, dal 2015 si occupano di migranti. «Io e mio marito prima del 2015 non avevamo mai fatto volontariato nella nostra vita», racconta Lorena Fornasir, «a Pordenone prima, e a Triste dove attualmente viviamo, abbiamo visto arrivare decine – che presto si sono trasformati in centinaia – di migranti. Nessuno si occupava di loro e noi non potevamo voltargli la faccia. Alla notizia di un ragazzo afgano di 20 anni morto schiacciato tra due container mentre dormiva, si stava nascondendo al molo di Trieste, abbiamo deciso che dovevamo andare oltre i confini e capire quello che stava succedendo».
Così i coniugi fanno avanti e indietro tra la Bosnia, la Croazia e Trieste: «raccogliamo donazioni, compriamo beni di prima necessità come cibo, scarpe e coperte, e partiamo. Raccogliamo anche storie e testimonianze: quello che succede è veramente agghiacciante».
Lorena ha lanciato una petizione su Change.org diretta alla corte europea dei diritti dell’uomo “Torture ai confini dell’Europa”. «Le persone migranti che provengono da Paesi devastati dalla guerra e da estrema povertà, pur avendo diritto a richiedere asilo in Europa, secondo la normativa internazionale, sono bloccate in condizioni disumane ai confini tra Bosnia e Croazia».
In Bosnia a Vucjak, 8 chilometri dal confine croato, le persone vivono sopra una ex discarica. A Bihac e Velika Kladuša, sempre sul confine, la situazione sta implodendo. Secondo il report di unhcr la rotta Balcanica segue due strade: quella principale, che dalla Grecia va verso Macedonia del Nord e Serbia settentrionale, e vede il passaggio delle persone in Bosnia Erzegovina nell’area di Zvornik e di Bijeljina attraversando il fiume Drina con piccoli gommoni o percorrendo a piedi i ponti della ferrovia. Poi c'è l'altro flusso che dalla Grecia si muove verso l'Albania e poi in Montenegro verso la Bosnia Erzegovina.
«Tutti vogliono passare il confine per raggiungere l’Europa», spiega Lorena. «Ma quello che succede è, quasi sempre, questo: i migranti vengono arrestati e picchiati quando cercano di superare il confine. Poi vengono rinchiusi per 36 ore in container insieme ai loro escrementi. Dopo 36 li fanno uscire, la polizia gli accerchia. Ne scelgono uno e lo massacrano di botte. Gli altri sono costretti a guardare in attesa che arrivi il loro turno. Pochi giorno fa abbiamo raccolto la testimonianza di un ragazzino di 15 anni seviziato con la corrente elettrica. Dopo ancora li cariano sui camion e li riportano a 25 chilometri dal confine con la Bosnia, lì un’altra squadra di polizia ricomincia con le sevizie. Le donne non sono escluse. Ormai la polizia croata fa di tutto per rintracciarli. Con dei fondi avuti dall’unione europea ha potenziato “la difesa dei confini”, si è munita di droni e di nuove apparecchiature che registrano il calore. Se un migrante si muove nel bosco loro lo troveranno. L’Europa paga la Croazia perché faccia la guardia ai “suoi sacri confini” e della Bosnia ha fatto una discarica umana. Eppure queste persone continuano a provarci, perché o entrano in Europa o muoiono. Non hanno alternative. Tutti parlano delle torture in Libia. Ma anche qui la tortura è all’ordine del giorno. Come possiamo permettere che accada?».
Tanti dei ragazzi intercettati da Lorena e suo marito sono morti: «Lo scorso febbraio, Alì era stato catturato e la polizia croata, dopo vari maltrattamenti, dalla Croazia lo aveva respinto in Bosnia, tra la neve il gelo, levandogli vestiti e scarpe. Alì era ritornato a Velika Kladusa a piedi, tra la neve, vagando per ore. I suoi piedi si erano congelati ed erano andati in necrosi. Dopo mesi di sofferenze, Alì è morto sabato 21 Settembre a causa della disumanità a cui era stato destinato dalla polizia, la carne dei sui piedi cadeva a pezzi. Mercoledì 25 settembre ho incrociato Adnan lungo la strada che scende dal confine di Velika Kladusa in Bosnia Erzegovina, dopo che era stato catturato, seviziato e respinto dalla polizia croata. Gli avevano tolto le scarpe e lo avevano torturato con una sbarra incandescente scorticandogli la gamba. Questi crimini si chiamano tortura. La Croazia, che ha ricevuto milioni e milioni di euro per "contenere" i flussi migratori, è stata dotata di strumenti tecnici sofisticati per la cattura di esseri umani. Sono già state denunciate le sevizie che utilizza in maniera indiscriminata su uomini, donne, bambini. Ora è giunta a perpetrare anche la tortura»
«Chiedo alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo», si legge nella petizione su Change.org, «di condannare con forza le violenze perpetrate dalle forze di polizia croata contro persone inermi. In particolare, chiedo sia preso in esame il trattamento inumano e degradante, l'uso della tortura fisica e l'applicazione della tortura psicologica tramite minacce di morte».


Sciopero del 27 settembre, “in Italia un milione di partecipanti”. Greta al corteo in Canada, 170mila sfilano in Nuova Zelanda

A Milano 150mila persone e a Roma gli organizzatori parlano di 200mila tra studenti, genitori e prof che sfilano nell'ultimo giorno che chiude la Week for Future. Piazze coloratissime e affollate da Genova a Trieste, passando per Venezia e Torino e altre decine di città. Momenti di tensione a Palermo dove una trentina di ragazzi, tutti vestiti di nero, ha interrotto il corteo. A Wellington la manifestazione sul clima è la più grande di sempre
Studenti di ogni età, universitari, genitori, nonni e prof. A Genova sono 10mila, a Napoli 80mila con un corteo lungo un chilometro e mezzo, a Milano 150mila e a Roma 200mila. E poi 50mila a Firenze, 20mila a Torino e Bologna e 10mila a Palermo e Bari. I numeri sono degli organizzatori di Fridays for Future, che fanno un conteggio complessivo per l’Italia: oltre un milione di persone hanno partecipato ai cortei per il clima. Hanno invaso piazze e strade in 160 città italiane per il terzo global strike, seguendo l’onda del movimento ispirato da Greta Thunberg, che questa settimana era all’Onu per il summit sul clima. Fiumi di persone da Nord a Sud per chiedere alla politica di agire per salvare il pianeta, passando dagli annunci ai fatti.
La giornata di oggi, sostenuta anche dal ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti che ha chiesto ai presidi di giustificare i ragazzi in manifestazione, chiude la Week for Future che ha coinvolto milioni di persone in tutto il mondo e che è stata avviata con lo sciopero di venerdì scorso. Come già annunciato, Greta sfilerà coi manifestanti in Canada e i primi ad aprire i cortei è stata la Nuova Zelanda, dove si stima che alle proteste abbiamo partecipato complessivamente oltre 170 mila persone, pari al 3,5% della popolazione, come ha evidenziato la stessa Greta in un tweet. È stata la più grande manifestazione che il Paese abbia mai visto.
Da Milano a Palermo contro il cambiamento climatico – Migliaia di ragazzi, in un clima festoso tra manifesti e striscioni, hanno riempito Piazza della Repubblica a Roma mentre a Milano il ritrovo è a Piazza Cairoli, a pochi metri dal Duomo. In testa un risciò addobbato con cartelli di cartone pieni di slogan con studenti di ogni età, dalle elementari all’università, da Milano e dalla provincia, ma anche bambini più piccoli accompagnati da genitori o nonni. Ci sono anche gli studenti del Politecnico, con un grandissimo lenzuolo su cui hanno stampato i risultati di una ricerca svolta con i docenti sulla curva del cambiamento climatico dal pleistocene a oggi e con lo scenario futuro. E stasera si replicherà, dalle 18, per un secondo corteo. Quella di Milano è una manifestazione che chiama in causa direttamente la politica, con i giovani del Fridays for Future che accusano il governo di essere “complice del riscaldamento globale”.
“Se l’umanità non agirà adesso – è la loro tesi scritta sul grafico – causerà danni irreversibili alla vita sulla Terra, che si estenderanno per migliaia di anni”. “Potremmo essere più dei 100mila del 15 marzo – spiega Miriam Martinelli, considerata la “Greta italiana” fra un coro e l’altro urlato al megafono -. Questa estate qualcosa è cambiato, c’è più consapevolezza”. Un fiume di 5mila ragazzi si sono dati appuntamento a Venezia, mentre alcune migliaia a Torino sono partite a piazza Statuto dietro uno striscione con la scritta “Cambiamo il sistema non il clima”. “Il protocollo di Kyoto non è un film erotico giapponese”, “Ci avete rotto i polmoni“, “Proteggi la tua casa” sono alcuni dei cartelli esposti. A Trieste oltre un migliaio di persone sono partite da piazza Goldoni con sindacati e genitori che accompagnano i più piccoli, e alle 12.30 è previsto il picnic ecosostenibile e nel pomeriggio un flash mob. A Genova invece si parte da Piazza Principe e a Firenze da piazza Santa Maria Novella con oltre 10mila partecipanti. In Toscana i cortei sono anche a Livorno, Pisa, Arezzo, Siena ed Empoli. Oltre 500 gli studenti ad Aosta che al grido di slogan come “On est plus chaud que le climat” (‘siamo più caldi del clima’), “Salviamo la terra dall’effetto serra”, “Studenti di lotta il clima non si tocca”, hanno sfilato fin sotto il palazzo della Regione. Piena e coloratissima anche la piazza davanti al teatro Politeama a Palermo, dove però si sono verificati momenti di tensione: una trentina di giovani, vestiti tutti di nero, ha spezzato in due il lungo serpentone all’altezza dell’ex palazzo del Msi, creando il panico e interrompendo il corteo. Tanta gente, anche genitori con i figli delle scuole medie, ha rischiato di essere schiacciata sul cantiere della metropolitana. C’è stato un fuggi fuggi e sono entrati in azione gli agenti antisommossa.
Il caso di Palermo – Secondo alcuni testimoni il gruppo di giovani vestiti di nero, che ha gettato il panico a Palermo durante il corteo, è fuggito per le strade limitrofe. La polizia sta acquisendo elementi per identificarli. Il gruppo ha cercato di provocare gli studenti in marcia. “Sono intervenute alcune donne che si trovavano nei pressi del corteo e hanno creato un cordone – dice Giovanni Guadagna, che ha accompagnato il figlio di 11 anni alla manifestazione -. Poco dopo hanno iniziato a risalire contro mano il serpentone creando scompiglio tanto che noi genitori siamo dovuti scappare con gli studenti più piccoli rischiando di finire contro il cantiere della metropolitana. Peccato. Era una giornata di festa per mio figlio. Adesso insieme ai suoi compagni è impaurito per quanto ha visto”. Qualcuno che dai balconi di via Ruggero Settimo, dove è avvenuto il blitz nei pressi dell’ex palazzo del Msi, ha ripreso quanto accaduto. Alcuni studenti lo hanno riferito alle forze dell’ordine presenti al corteo.
Le associazioni degli studenti – “L’Assemblea delle Nazioni Unite è stata un fallimento – sottolinea Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza, che ha aderito allo sciopero insieme a Unione degli Studenti e Link – Coordinamento Universitario – i potenti del pianeta non hanno intenzione di cambiare rotta per salvare il nostro futuro. Noi giovani continueremo a ribellarci contro questa classe politica, seguendo l’esempio di Greta e chiedendo che la giustizia climatica sia finanziata da chi si è arricchito con il modello economico insostenibile. Le multinazionali e i ricchi del pianeta devono contribuire alla riconversione ecologica più di tutti. Eppure il governo italiano si limita alla retorica, mentre secondo le bozze di decreto Clima intende dare sussidi ambientali dannosi fino al 2040, una scelta inaccettabile”. “Serve un cambio di rotta immediato che finanzi istruzione e ricerca per un altro modello di sviluppo sostenibile, per questo in più di 150 piazze del Paese siamo in corteo con Fridays for Future Italia per il terzo global strike al grido Change the School to Change the System”, esordisce Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti. Per Camilla Guarino di Link Coordinamento Universitario “la conoscenza è fondamentale per cambiare il nostro modello economico e sociale insostenibile. Le università, attraverso la ricerca e il sapere scientifico, devono avere un ruolo centrale nell’indicare alla politica quali strade percorrere”.

domenica 30 giugno 2019


 La capitana-Antigone di Roberto Vecchioni 29 giugno 2019


Uno scontro epico, "la madre di tutte le battaglie, il conflitto eterno tra ragione e cuore" quello tra Matteo Salvini e Carola Rackete. Lo scrive Roberto Vecchioni, in una lettera a Repubblica in cui il cantautore commenta i fatti di questi giorni, giunti a un drammatico epilogo: "qualsiasi storia, intreccio, episodio, qualsiasi accidente, doloroso percorso, strazio o trionfo che la vita ci presenti nelle sue infinite variazioni c'era già stato, era lì da 2500 anni nella tragedia, nella commedia, nella lirica o nell'epica, nel romanzo e nell'epigramma dell'antica Grecia", paragona la vicenda dei migranti bloccati a largo di Lampedusa a quella dei figli di Edipo, che "si prendono a mazzate per salire al trono", e "succede che quello legittimo la spunta ma crepa e l'altro, l'illegittimo crepa pure e manco la spunta".
"E qui - suggerisce Vecchioni - salta fuori Salvini, che allora si chiamava Creonte, fratello di Giocasta, regnante ad interim nell'attesa speranzosa che i due fratelli (le due anime del Pd) si facessero fuori l'un l'altro, Creonte ordina che il buono ''il bianco'' Eteocle venga seppellito con tutti gli onori, ma il cattivo, ''il nero'', rimanga insepolto. A questa decisione si oppone fermamente la sorella dei due, una meravigliosa, indomita ragazza: Antigone. Il suo scontro con Creonte è epico. Creonte non si sposta di un centimetro: la legge dice così e basta, caso chiuso. Ma Antigone gli tiene testa con una fierezza che la fa forte dentro di un'altra legge più alta, più universale delle convinzioni umane. No. Lei seppellirà il fratello a qualsiasi costo, a qualsiasi conseguenza potrà andare incontro".
"Carola-Antigone - prosegue il cantautore-professore - non ha dubbi, non ha bilance, su cui pesare il male e il bene, il vero e il falso: lei entrerà in quel porto qualsiasi siano le conseguenze. La dabbenaggine degli uomini è credere che un contratto sociale sia ferro temprato da Dio in persona. Può anche darsi, ma certo l'umanesimo è diamante; di una luce che stravolge e sconvolge quando senti di averla dentro. Io me la vedo Carola, bella, ritta sul ponte a prendere quella decisione che per lei è solamente normale. Nessun tentennamento, nessuna paura, un riso naturale, convinto, gli occhi semichiusi nel sole accecante, nella certezza che tutti gli uomini sono diamanti".

mercoledì 22 maggio 2019


Alessandro Barbero a OggiScuola:

 “L’insegnamento è il più frustrante dei mestieri moderni”

3/9/2018

La scuola, nel corso degli ultimi anni, ha subito grandi mutazioni sia dal punto di vista didattico che legislativo. Spesso, a pagarne a caro prezzo le conseguenze, sono gli insegnanti. Per fare il punto, la redazione si OggiScuola ha contattato il professore Alessandro Barbero, storico e scrittore italiano, famoso, tra le altre numerose attività, per essere ospite fisso di Piero Angela negli studi di Superquark.

Gli insegnanti oggi sono una vera e propria categoria “sotto attacco”, da cosa crede che dipenda questo radicale cambiamento nei confronti di una classe che fino a dieci anni fa, era stimata e rispettata?
Intanto, io direi non dieci, ma venti o venticinque anni fa: l’aggressione è cominciata allora. Le cause sono: a livello immediato, la svolta a destra della politica italiana, che ha comportato l’antipatia evidente di molti governi nei confronti di un mondo, quello degli insegnanti, tradizionalmente considerato di sinistra; ma più in profondità, e in modo più insidioso, la svolta a destra dell’intero mondo occidentale, l’ideologia unica del profitto, l’esaltazione dell’imprenditoria come sale della terra. Ne risulta una classe dirigente che non capisce letteralmente più a che cosa servano la cultura, la scuola, lo spirito critico, e quando lo capisce, li considera dei pericoli da neutralizzare. La recente introduzione dell’alternanza scuola-lavoro è un passo importante nella distruzione del diritto allo studio per cui generazioni hanno combattuto: passare l’intera infanzia e adolescenza a scuola, senza essere obbligati a lavorare, non è più un diritto né un ideale, ma viene presentato come un lusso o una perdita di tempo, che allontana dal cosiddetto mondo reale. La scuola non deve produrre teste pensanti, ma esecutori, tecnici: è solo in questi termini che la classe dirigente riesce a concepirla.
Insegnare oggi, sia in ambito scolastico che universitario, significa doversi costantemente aggiornare. Crede che sia più complesso essere al passo con i tempi nella scuola o negli atenei? E’ certamente molto più complesso nella scuola. La scuola è stata aggredita molto prima dalla nuova cultura della pianificazione, dell’offerta formativa, delle sigle ridicole, della burocrazia kafkiana e della perdita di tempo istituzionalizzata; l’università sta subendo questa aggressione solo adesso (senza, peraltro, aver imparato niente da quello che è successo alla scuola). Ma all’università c’è comunque una maggiore autonomia del docente, che se ha già fatto carriera, o se rinuncia a farla, può difendersi meglio dall’immensa mole di perdite di tempo e frustrazioni che schiaccia gli insegnanti.


Burnout. Il Garante per l’Infanzia della Regione Calabria, dott. Antonio Marziale, ritiene che il supporto psicologico nella scuola possa apportare seri e concreti benefici per i docenti. E’ d’accordo? Come crede che si debba intervenire? Io non ho nessuna idea su come si possa fare per combattere il fenomeno del burnout. O meglio, so benissimo che verrebbe ridotto drasticamente se gli insegnanti fossero assunti regolarmente, pagati bene e lasciati lavorare in pace; siccome queste appaiono oggi condizioni da favola, del tutto irrealizzabili, e fare l’insegnante non è più soltanto uno dei lavori più faticosi del mondo, come è sempre stato, ma anche uno dei più frustranti (cosa che non era fino a vent’anni fa) il dilagare del burnout è inevitabile. Prenderne atto sarebbe già molto.
Se potesse dare un consiglio alla classe docente di oggi, cosa indicherebbe? Cominciare a combattere apertamente tutto ciò che in cuor loro riconoscono come offensivo, inutile, frustrante, senza avere il coraggio di dirlo. Non compilare le scartoffie superflue, non andare alle riunioni che fanno perdere tempo, togliere il saluto a chi parla di meritocrazia, isolare nel disprezzo i dirigenti scolastici che si prestano alla distruzione della scuola e all’umiliazione degli insegnanti; e queste cose dirle e spiegarle ai ragazzi e alle loro famiglie. E’ una battaglia e le battaglie si rischia di perderle, ma quando è il momento bisogna comunque combatterle – o arrendersi.

lunedì 20 maggio 2019

L’adunata sovranista di Milano santifica Salvini

Mezzo sovrano. Contro l’islam, gli immigrati, l’Ue: la Lega si unisce ai nazionalisti europei. Sul palco in piazza Duomo 11 leader neri. Il ministro osannato da Le Pen e Wilders. Fischiato Bergoglio
Prima della mossa del rosario e del ringraziamento dei santi patroni dell’Europa a un certo punto Salvini si paragona a Galileo Galilei ed è il momento in cui più forte si alza il grido «buffone» da parte dei contestatori che sono riusciti a intrufolarsi in piazza Duomo. Sono perlopiù adolescenti con cartelli scritti a mano, un gruppetto che cresce col passare dei minuti e tenuto distante dai leghisti da una fila di poliziotti. «Ci spiegano da Bruxelles che non c’è un mondo diverso» dice Salvini «proprio come fecero con Galileo quando gli dicevano che la terra è piatta, lo incarcerarono come un matto. Noi siamo come Galileo!».
PIAZZA DUOMO non si è riempita per la parata dei nazionalisti europei, c’è spazio ai lati e in fondo alla piazza. 30-40 mila persone, una partecipazione lontana dai 100 mila annunciati. «Domani facciamo la storia» aveva detto Salvini alla vigilia, ma tutto è suonato stanco, vuoto e retorico. Anche il suo comizio non è brillante, piuttosto lungo e fiacco. L’unico guizzo è la promessa delle tasse giù al 15% per tutti. È il momento mediaticamente più preparato: quando Salvini pronuncia lo slogan le persone dietro di lui sul palco alzano decine di cartelli blu con scritto in giallo 15%. La flat tax sarà il tormentone della prossima settimana così come nel 2006 fu per Berlusconi l’abolizione dell’Ici. Ovviamente resta in primissino piano la politica anti-migranti, che la piazza mostra di gradire tanto che quando il leghista replica a quanto detto ieri da papa Francesco citandolo, dalla folla si levano sonori fischi rivolti al pontefice. Le elezioni Salvini le chiama referendum. «Al referendum del 26 maggio non prendo venti impegni, ne prendo uno: cambiare l’Europa da cima a fondo, ma se date alla Lega il primo posto in Italia e in Europa non mollerò finché ciascuno in Italia non pagherà il 15% di tasse».
IL POMERIGGIO dei leghisti in trasferta a Milano inizia con un piccolo corteo da Palestro a piazza Duomo, il classico percorso del 25 aprile. Pochi i milanesi in piazza, e dal palco il consigliere comunale Alesandro Morelli se lo lascia scappare: «Ma c’è qualcuno di Milano qui oltre a me?» dice al microfono. E la piazza muta.
Tra i candidati la più attiva è Silvia Sardone, ex Forza Italia recentemente passata alla Lega. A volantinare per Sardone ci sono i militanti neofascisti di Lealtà Azione, tra cui il consigliere di municipio 8 Stefano Pavesi. Da giorni i militanti di Lealtà Azione inviano ai proprio contatti gli inviti a votare Sardone: «Chiediamo il tuo aiuto per sostenere un candidato a noi vicino. Si tratta di Silvia Sardone della Lega, che abbiamo deciso di sostenere in quanto fa politica come noi, nelle periferie in aiuto di quegli italiani dimenticati dalla maggior parte della sinistra». L’ultradestra milanese ha quindi la sua candidata e in piazza Duomo gli unici volantini distribuiti sono i suoi.
PRIMA DEL LEADER leghista parlano gli 11 esponenti dei partiti nazionalisti europei che Salvini ha radunato attorno a sé. Comizi brevi, dove sostanzialmente tutti ripetono le stesse cose: «Forza Matteo, viva Matteo, stop Islam, stop invasione africana». Nessuno prova a spiegare da quali trattati europei vorrebbero fare uscire i propri paesi, come pensano di equilibrare le politiche fiscali, come conciliare le istanze nazionaliste con le politiche comunitarie. I leader di questi 11 partiti dell’ultradestra non sono andati oltre agli slogan. La palma del fan più sfegatato di Salvini va all’olandese Geert Wilders del Pvv, che più volte lo ha ringraziato e osannato. Wilders è stato anche quello che ha usato le parole più dure contro l’islam.
DALL’AUSTRIA era atteso Harald Vilimski, ma lo scandalo dei favori del suo partito alla Russia di Putin che ha portato alle dimissioni del vicepremier e capo del Partito della Libertà Strache, hanno costretto a cambiare oratore, e al posto di Vilimski ha parlato Georg Mayer. L’ovazione più grande è arrivata con Marine Le Pen che ha parlato di nuove resistenza europea in riferimento alla nascente alleanza nazionalista. La leader di Rassemblement National è sembrata incoronare Salvini quale leader di questo nuovo eurogruppo, ma la conta dei voti sarà fata dopo il 26.
MA IL VERO EROE della giornata è Zorro, citazione del libro della casa editrice vicina a Casapound Altaforte: nella prima pagina viene raccontato che all’asilo qualcuno rubò il pupazzetto di Zorro a Salvini. Così a metà pomeriggio una persona travestita da Zorro si affaccia a un balcone su piazza Duomo e srotola uno striscione con scritto «restiamo umani», accolto da decine di «comunista di merda, buttati che non ti prendiamo» e poi rimosso. Molti di questi leghisti passeranno il pomeriggio a insultare gli adolescenti arrivati a esprimere la loro opposizione a Salvini, quasi più interessati ai contestatori che alle parole del loro leader.





 rosa maria dell'aria



Ostia – I docenti del Liceo Anco Marzio di Ostia (Roma), indignati per la grave ingiustizia subita dalla professoressa Rosa Maria Dell’Aria, convinti che l’azione punitiva da lei subita ha leso i principi fissati negli artt. 21 e 33 della nostra Costituzione, e che, quindi, mette a rischio per ciascun cittadino e insegnante il rispetto dei diritti costituzionalmente sanciti di libertà di pensiero, parola e insegnamento lanciano il Teacher Pride.

Il fatto

Diventa una caso politico la vicenda della professoressa Rosa Maria Dell’Aira, la docente di italiano e storia dell’Iti Vittorio Emanuele III di Palermo sospesa per due settimane dal servizio per non aver vigilato sull’attività dei suoi studenti che in alcune slide hanno paragonato il decreto sicurezza di Matteo Salvini alle leggi razziali fasciste del ’38.
l M5S attacca a testa bassa gli alleati della Lega e il ministero dell’Istruzione retto da Marco Bussetti, ma è lo stesso Salvini nel pomeriggio a provare a raffreddare gli animi augurandosi che la docente “torni quanto prima a scuola” e dicendosi “pronto a incontrarla”.
Invito subito raccolto dalla professoressa Dell’Aria: “Non ho alcuna remora ad incontrare il ministro Salvini, se può essere un’occasione di dialogo e di confronto che ben venga. Certamente sono disposta ad ascoltarlo assieme ai miei studenti”.
Mentre in tutta Italia sono migliaia le firme di solidarietà già raccolte a sostegno della docente, a Palermo si svolgono due manifestazioni: una davanti alla prefettura, organizzata dagli studenti medi; l’altra dei sindacati davanti alla scuola della prof sospesa che si dice “confortata da tanta solidarietà“. Intanto i legali della docente, tra cui il figlio, sono al lavoro per presentare un ricorso al giudice del lavoro contro il provvedimento “a tutela dei diritti costituzionalmente garantiti” della professoressa Dell’Aria.


Teacher Pride


#iononSorveglioSveglio Martedì 21 maggio, alle ore 11, ogni insegnante, studente, cittadino che voglia riaffermare la libertà di pensiero e di insegnamento, dovunque si trovi, interromperà le proprie attività, si metterà in piedi e leggerà di seguito gli articoli 21 e 33 della Costituzione italiana. Laddove possibile la lettura solenne sarà fatta in gruppo”, affermano i docenti del Liceo Anco Marzio di Ostia.
(Il Faro online)







LETTERA DI SOLIDARIETÀ NEI CONFRONTI DELLA PROFESSORESSA ROSA MARIA DELL’ARIA DELL’ITI VITTORIO EMANUELE III DI PALERMO


I Docenti del Liceo Statale Virgilio di Milano esprimono la loro totale solidarietà alla professoressa Rosa Maria Dell’Aria, indignati per la grave ingiustizia da Lei subita.
Ritengono altresì che il provvedimento avviato contro la professoressa sia contrario ai principi costituzionali fissati negli artt. 21 e 33 della nostra Costituzione. Esso rischia di compromettere gravemente i diritti di libertà di espressione del pensiero e di libertà di insegnamento che stanno alla base della Scuola pubblica e democratica italiana.
Preoccupati per il clima di tensione che tale provvedimento sta creando tra i lavoratori della scuola e tra gli studenti, reali protagonisti del nostro lavoro di formazione intellettuale e culturale in senso lato, chiediamo che il nostro documento venga reso pubblico in tutte le Sedi opportune, in primis presso gli Uffici Scolastici e del Ministero Università e Ricerca.

I docenti del Liceo Virgilio di Milano

domenica 12 maggio 2019



Salvini, ora è vera svolta repressiva

La bozza del nuovo decreto sicurezza postula l'ulteriore sbilanciamento di poteri a favore delle forze dell'ordine a danno di chiunque partecipi ad una manifestazione pubblica. È chiara la volontà di azzerare, attraverso la repressione, il conflitto sociale, andando a colpire alcune forme nelle quali il conflitto solitamente si esprime

Il tentativo di svolta autoritaria del Governo Salvini continua e si rende sempre più esplicito. La bozza disponibile del cosiddetto nuovo decreto sicurezza è un chiarissimo segnale in questa direzione. La lotta alle persone migranti e alle navi della solidarietà (fatti di per sé già gravi) viene usata anche per costruire norme che danno sempre più poteri alla polizia nei confronti di chi organizza e partecipa a manifestazioni pubbliche. In altre parole, le politiche contro le migrazioni sono il cavallo di troia di un disegno autoritario che tende ad intimorire, con il volto della repressione, quanti si oppongono frontalmente alla deriva in atto. Il consenso ottenuto sulla guerra alle persone migranti viene utilizzato per instaurare un regime repressivo nei riguardi delle forme di conflitto esplicite, verso tutte le forme di opposizione di piazza non compatibili con l’ordine politico a vantaggio del Governo in carica e, in particolare, delle politiche leghiste.
Il Decreto sicurezza 132/2018, convertito nella Legge 132/2018, aveva già inasprito le pene verso chi organizza le occupazioni a scopo abitativo, così come aveva ampliato il ventaglio dei reati per i quali si perde il permesso di soggiorno. La tendenza era molto evidente, ma ora il Ministro dell’Interno, e di fatto capo del Governo, Matteo Salvini tenta un salto di qualità.


In premessa del testo del nuovo decreto sicurezza si evidenzia che ci sarebbe “la particolare necessità ed urgenza di rafforzare le norme a garanzia del regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico”. In particolare, l’articolo 6 della bozza del nuovo decreto sicurezza prevede di punire con la reclusione da uno a tre anni “chiunque nel corso di manifestazioni, per opporsi al pubblico ufficiale (…) utilizza scudi o altri oggetti di protezione passiva” e con la galera da due a quattro anni chiunque “lancia o utilizza illegittimamente (…) razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi (…) ovvero bastoni, mazze”. Inoltre, il decreto prevede di sopprimere la possibilità di riconoscere “la causa di esclusione della punibilità per ‘particolare tenuità del fatto‘ in caso di reato di violenza, resistenza, minaccia e oltraggio commessi a danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni”.
È evidente l’ulteriore sbilanciamento di poteri a favore delle forze dell’ordine a danno di chiunque partecipi ad una manifestazione pubblica. È chiara la volontà di azzerare, attraverso la repressione, il conflitto sociale, andando a colpire alcune forme nelle quali il conflitto solitamente si esprime, ad esempio quella dell’uso di fumogeni o petardi, così come è chiara la volontà di comunicare il primato della polizia e dell’ordine vigente su quello delle manifestazioni di protesta e, quindi, delle rivendicazioni organizzate e collettive di diritti.
Lo slogan ‘prima gli italiani’ si rafforza con questo decreto che, negli articoli 1-4, muove guerra alle navi di solidarietà, prevedendo di “attribuire al Ministro dell’Interno la competenza a limitare o vietare il transito e/o la sosta nel mare territoriale qualora sussistano ragioni di ordine e sicurezza pubblica”. E, insieme, questo nuovo decreto sicurezza rende evidente quanto lo slogan ‘prima gli italiani’ serva a far passare una serie di politiche autoritarie, sia utile, cioè, per concretizzare lo slogan ‘prima la polizia’ che Matteo Salvini di fatto propaganda da tempo, come mostrato dalla sua ostentazione continua delle felpe delle forze dell’ordine.
Vedremo a breve se gli alleati di governo asseconderanno questa ulteriore accelerazione autoritaria o se, facendo cadere il Governo, fermeranno la deriva in atto.