domenica 27 febbraio 2022

I volti della guerra

18 Febbraio 2022

In questo preciso momento storico, osservare questa foto permette di osservare da vicino, da molto vicino, gli individui a cui è affidata, precisamente ora, la sorte della pace e della guerra in Europa. Gli eventi stanno accelerando bruscamente, forse quando leggerete queste righe già saprete di più riguardo al destino di migliaia o milioni di uomini. La storia prosegue, e spesso non offre l’occasione di riflettere sul suo farsi, sulle forze e sulle persone che ne decidono il corso. In questo caso invece, si è avuto tutto il tempo di riflettere, analizzare, prevedere gli eventi. Eppure sinora nessuno ha mostrato di comprenderli o ha fatto qualcosa di concreto per arrestarli. Qui vediamo tre volti: stanno osservando lo svolgersi di manovre militari, che confermeranno l’efficienza della macchina bellica da loro costruita e diretta. Abbiamo, da sinistra a destra, un Ministro della Difesa, un Presidente, e un Capo di stato maggiore. Le espressioni sono attente, nel primo si avverte una minima preoccupazione, nel secondo un compiacimento tra il soddisfatto e l’annoiato, nel terzo una totale adesione a quanto accade all’esterno, totalmente inespressiva. La scena si svolge in una confortevole sala di controllo, ancora lontana dalla guerra, è l’ora della soddisfazione di fronte a una macchina bellica che mostra di eseguire alla perfezione i comandi del potere. Perché qui abbiamo di fronte i volti del potere.

I volti di chi decide, in questo preciso momento, della guerra in Europa. Non è il primo caso in cui hanno deciso manovre belliche concrete, guerre reali, ma le dimensioni di ciò che può accadere ora può sfuggire anche alle loro possibilità di calcolo. Secondo il capo dell’esercito di un paese europeo, siamo di fronte alla possibile guerra in Europa più spaventosa dopo la seconda guerra mondiale. Certo la maggiore per dimensioni. Se accadrà, sarà per ordine di questi uomini, di questi volti. E’ il caso quindi di osservarli bene. Certo, hanno presentato all’Occidente richieste, tentato di riportare indietro nel tempo gli orologi della strategia e della geopolitica. Se ci sarà guerra anche l’Occidente ne sarà responsabile, per non essere riuscito a trovare un modo per accontentare almeno alcune di queste richieste. Ma l’obiettivo è un Paese, che questi uomini ritengono appartenga, senza discussioni, alla propria sfera d’influenza. E in base a questa pretesa stanno per riprenderselo con la forza. Non ha importanza cosa pensino o desiderino gli abitanti di quel Paese. Questi uomini ritengono che quel Paese appartenga loro. E probabilmente se lo riprenderanno. Con la forza.

Non sarà il primo caso nella Storia in cui questo avviene, ma di fronte a migliaia di vite che in questo preciso momento sono in pericolo non si può restare indifferenti. Soprattutto perché c’è stato il tempo per rimediare. Quella che è apparsa sin dall’inizio, è stata la determinazione di questi uomini. Che l’Occidente ha sottovalutato, per evidente mancanza di conoscenza. Churchill aveva ammesso la sua impossibilità di comprendere gli uomini di quel paese. Il tempo trascorso, la guerra fredda, le invasioni avvenute (Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968, Georgia 2008, Crimea e Donbass 2014) non hanno aiutato molto a comprendere di più. Dunque, osservare i volti è importante. Il primo, sarà forse l’uomo che erediterà il potere assoluto. Il secondo è colui che detiene ora il potere assoluto, probabilmente a vita. Il terzo è considerato un asso della strategia, e in questo momento è già con le truppe, al confine del Paese minacciato. Forse, Cesare Lombroso potrebbe aiutarci a comprendere cosa celano questi volti. Forse, una conoscenza della storia e dell’epoca da cui questi volti provengono, anche di più. Sono volti che vengono da un’altra epoca, da un altro tempo. Un mondo antico li ha generati, un mondo che sopravvive in loro alla superficie di un mondo diverso e contemporaneo, che non li tocca. L’Unione Sovietica è tuttora viva in loro, nella nostalgia per la potenza passata e nel risentimento per il suo tramonto. Le leggi e le regole di quel tempo e di quel mondo sono ancora vive ed attuali in questi volti. Un mondo antico sopravvive in loro, e ora ci mostra che la sua natura e resistenza sono più sostanziali e più forti dell’illusione che avvolge l’Occidente.

Il quel mondo combattere e morire per la potenza e l’orgoglio del proprio paese, è ancora normale ed accettato. Una cultura spontaneamente e naturalmente militarista è sopravvissuta al tramonto del vecchio impero e si è rinvigorita, dopo anni di crisi, con la rinnovata forza economica della nazione. L’Occidente degli illusi ha continuato a credere a vecchie retoriche, alimentate dalla disinformazione, e dalla benevola narrazione  dei molti interessati. Agli errori di valutazione, la storia presenta sempre il conto. L’Occidente ha creduto di assimilare l’altro da sé avviluppandolo nella sua retorica edulcorata e commerciale, ma l’altro si è rivelato non addomesticabile, perché frutto di un altro tempo, di una realtà più cruda e naturale. Il mondo antico sopravvive in questi volti, e ora ci mostra nella dura pratica che la sua natura e resistenza sono più sostanziali dell’illusione che avvolge l’Occidente. Quando epoche diverse si scontrano, quando mondi che vivono in tempi diversi si affrontano, il risultato è potenzialmente catastrofico. Generazioni di esperti militari, studiosi di geopolitica, non sono arrivati a comprendere l’evidenza. Le spire dell’Occidente, le sue sirene, hanno ottenebrato la loro capacità di comprensione. Al posto di molti libri e seminari, sarebbe stato più proficuo, per comprendere l’avversario, frequentare qualche gangster di quelle parti. Avrebbe fornito esempi più concreti della realtà. La sfida è tra due mondi non comparabili, non compatibili, perché sospesi in epoche diverse, frutto di una storia radicalmente diversa. Nella lotta corpo a corpo, il mondo naturale, il mondo antico, più primitivo ed efficace, ha sempre maggiori possibilità di sopravvivere. E’ importante guardare in volto l’avversario, per capire cosa aspettarsi da lui. E’ possibile, in questo momento, guardare questi volti. E’ stato a lungo possibile osservarli, quando c’era tutto il tempo per capire. Ora, forse, è troppo tardi.


 

sabato 26 febbraio 2022

Occhi cielo di Kiev
E chiare sono le lacrime
Sugli occhi cielo di Kiev
Si cristallizza il pudore
nel dolore
E il ricordo
E i figli della patria
E le case occupate
E la fame
E i giovani senza gioventù
E senza arti
I lupi sono entrati da tempo
E la Moscova scorre
E straripa
E tante tante E
che sanno congiungere
Il dolore sotto il cielo di Milano
Chiedete a chi ha carne lontana
cosa sia la ferita della guerra
Tdr@ Agnese Coppola

L’Ucraina resiste da sola con i russi alle porte di Kiev

Come da settimane stavamo riferendo, la preparazione della Russia alla guerra è sfociata nella prevista invasione dell’Ucraina. Il paese è sotto attacco da sud, ovvero dalla Crimea, da nord verso le città di Kharkov e Sumi e dalla Bielorussia, che ha consentito l’attacco in direzione di Kiev, assumendosi una grave responsabilità storica. Ciò che preoccupa maggiormente ora è la condizione della popolazione inerme, che a Kiev e a Kharkov si è rifugiata negli scantinati e nelle metropolitane.

L’Ucraina lasciata sola

A Kiev sono già presenti forze russe in città, specialmente nel quartiere di Obolon. Il presidente Zelensky è sotto minaccia personale e non ha potuto parlare col premier italiano Draghi stamane per motivi di sicurezza. In una dichiarazione teletrasmessa ha lamentato che l’Ucraina è stata lasciata sola davanti all’aggressore. Ha ripetutamente offerto alla Russia, per evitare lo spargimento di sangue, trattative su un futuro status di neutralità dell’Ucraina. Sembra che il governo russo abbia mostrato la disponibilità di una trattativa in territorio bielorusso con i ministri della Difesa e degli Esteri Shoigu e Lavrov.

La resistenza, e poi?

La resistenza militare dell’Ucraina è superiore a quanto atteso dagli occupanti, e ora si teme che la capitale possa diventare teatro di aspri combattimenti, posto che obiettivo dell’aggressore sia quello di catturare o eliminare il governo legittimo e installare un governo fantoccio. Il problema, qualora vi riuscisse, sarà di vedere se un intero paese accetterà di prendere ordini da un governo di traditori senza alcuna autorità né morale né legale. Aspri combattimenti si sono svolti presso l’aeroporto di Hostomel dove si teme l’atterraggio di elicotteri da combattimento russi con truppe fresche.

Tra repressione e trattative

Dalla Cecenia arrivano immagini preoccupanti, diffuse dal canale Nexta, da cui sembra di capire che stiano per partire verso l’Ucraina truppe del ras locale Kadyrov, note per la loro efferatezza. Potrebbero essere utilizzate per la repressione nelle città. E’ chiaro che Mosca preferirebbe chiudere con le armi la questione piuttosto che trattare, dopo l’impressionante sequela di menzogne con cui si è ammansita la stampa e i leader occidentali fingendo trattative mentre si preparava la guerra. Ora sembra che l’Unione Europea sia intenzionata a congelare le proprietà personali di Putin e Lavrov in Europa. Una petroliera moldava è stata poco fa colpita da un missile russo nel mare di fronte a Odessa. Papa Francesco si è recato personalmente all’ambasciata russa presso la Santa Sede per manifestare la sua preoccupazione.

La sorte dell’Ucraina, dopo tante parole e tante illusioni fatte balenare dall’Occidente, è nelle mani dei suoi difensori, che stanno tenendo testa in modo ammirevole all’aggressore, rallentando la sua avanzata. Fino a quando?

 

lunedì 14 febbraio 2022

https://www.scritturacreativa.org/riviste-letterarie-pubblicano-racconti/ 


Perché scrivere e pubblicare un racconto su una rivista letteraria?

È una vita che ti senti chiamare scrittore emergente, e ti domandi quando perderai questa appendice che ti condanna a tenere il tuo manoscritto ancora chiuso nel cassetto o in una traccia del disco fisso e a non essere considerato uno scrittore professionista.

Nell’attesa di fare il grande salto e di pubblicare il tuo libro con una casa editrice di spessore (rigorosamente non a pagamento), pubblicare un racconto su una rivista letteraria italiana può darti un riconoscimento importante. Non solo, ma è anche un’ottima palestra editoriale dove sperimentare, giocare con le tecniche narrative, i punti di vista, la costruzione di personaggi letterari.

Che sia su una rivista letteraria online o cartacea, la partecipazione della tua opera a una piazza culturale potrebbe aggiungere autorevolezza al tuo portfolio artistico, e aprirti nuove strade in prospettiva di proporre il tuo romanzo a un agente letterario o a una casa editrice.

Desiderio di condivisione, ricompensa ai tuoi sacrifici, raggiungimento di un più vasto numero di lettori sono tutti motivi che ti spingono a scrivere e che potrebbero trovare una parziale gratificazione nella pubblicazione su una rivista letteraria.

Questa guida alle riviste letterarie che pubblicano racconti, destinata sia agli scrittori esordienti che ad autori più navigati, non vuole avere la pretesa di completezza ma avere una finalità pratica.

L’ho suddivisa, per tua comodità, in riviste online e cartacee.  Di seguito trovi tutto quello di cui hai bisogno per spedire il tuo racconto oggi stesso.

Prima di partire con la carrellata delle riviste letterari che pubblicano racconti vorrei darti 3 semplici consigli:

  1. Attieniti scrupolosamente alle indicazioni che trovi sul loro sito
  2. Controlla minuziosamente che il tuo manoscritto non contenga refusi, errori grammaticali o sintattici
  3. Revisiona il tuo racconto infinite volte

Se hai bisogno di una mano, puoi avvalerti dei nostri servizi editoriali.

 

Riviste letterarie Online

Altri animali
(Rivista letteraria collegata a Raccontiedizioni.it)

Deve essere allegata una nota biografica dell’autore e l’eventuale curriculum letterario. La redazione, data la mole di materiale in arrivo, si riserva un mese di tempo per contattare l’autrice o l’autore e comunicare il buon esito della valutazione

http://www.altrianimali.it/
redazione@altrianimali.it

Treracconti
Accettano racconti di qualunque genere che siano inediti (ovvero mai pubblicati online o su cartaceo) e inferiori a 20.000 battute (spazi inclusi). Il racconto, in formato .pdf, dovrà essere inviato tramite posta elettronica all’indirizzo: redazione@treracconti.it indicando nell’oggetto del messaggio la dicitura “SELEZIONE RACCONTI INEDITI – TRE RACCONTI”. Il messaggio dovrà contenere, in allegato, la scheda autore debitamente compilata e firmata. È possibile inviare un solo racconto per volta.

https://treracconti.it/
redazione@treracconti.it 

Donne difettose
Rivista tutta al femminile. Donne Difettose è progetto nato dall’incontro di tre donne, ognuna immersa nel proprio universo parallelo, che un giorno si sono trovate e hanno capito di non essere più sole.
https://donnedifettose.com/la-rivista/
Contatti: donnedifettose@gmail.com

Il rifugio dell’ircocervo
Nuova rivista letteraria, nata nel 2018 dal blog omonimo. Vi consiglio di leggere bene il loro Manifesto e le istruzioni per inviare racconti.
Il racconto deve essere compeso tra le 20.000 e 40.000 battute
I contatti sono:  racconti.ircocervo@gmail.com
https://ilrifugiodellircocervo.com/rivista/

Grado zero

Grado Zero vuole essere anche vetrina per racconti di autori emergenti o affermati, che apprezzino il loro lavoro e vogliano avere un luogo virtuale per raggiungere nuovi lettori. I testi non avranno limitazione di genere, ma dovranno rientrare nel limite massimo di 10.000 battute (spazi inclusi). Ogni racconto sarà sottoposto a valutazione dal comitato di lettura interno, che deciderà i testi ritenuti meritevoli della pubblicazione sulla rivista online. I racconti dovranno essere spediti a: redazione.gradozero@gmail.com. È obbligatorio inserire come oggetto della mail:

RACCONTO: titolo – autore
Es. RACCONTO: Il buco e l’orologio – Edgardo Alano Pio.
https://www.rivistagradozero.com/category/cultura/letteratura/
redazione.gradozero@gmail.com

Qui puoi leggere il mio racconto Nozama

Irrequieto
Il tema delle opere è completamente libero. Il testo del’opera dovrà avere in intestazione il Titolo, Nome e Cognome dell’autore, mail. Le opere non dovranno superare le 15mila battute, altrimenti non saranno esaminate.

https://www.irrequieto.eu/
https://www.system-development.it/ls/index.php/456783

Reader for blind

https://www.readerforblind.com/contatti

readerforblind8@gmail.com

 

READ Il magazine
Read è un magazine letterario che nasce dal confronto tra scrittori, lettori e operatori editoriali. Abbiamo dato vita a un prodotto diverso, indipendente, meno condizionato dal tradizionalismo culturale.

https://www.readilmagazine.it/
contatti: 

Neutopia

“Neutopia non è un blog, non è un diario, non è un social network: Neutopia è un piano.”

Rivista letteraria che accoglie racconti, poesia sperimentale, spoken word, reportage
Contatti: neutopia.redazione@yahoo.com

Quaerere

La promessa di cosa si troverà in questa realtà è: 
Il puro spirito del quaerere è questo: il dialogo, la discussione, il confronto. Solo così la ricerca assume un senso.”
Contatti: racconti@quaerere.it

Rivista offline

Questa rivista nasce dal desiderio di condividere una passione di un gruppo eterogeneo di 3 lettori, diversi per età, convinzioni, approccio alla scrittura, alla politica, alla cultura in generale. 
https://www.rivistaoffline.it/wp/category/racconti/

Contatti: redazione@rivistaoffline.it

L’inquieto

Rivista che dà particolare attenzione all’aspetto grafico,  nasce da un
un’idea di Bernardo Anichini & Martin Hofer.
Siamo quello che mangiamo.
Siamo alcuni, uno scrive l’altro disegna, perlopiù. Siamo nati vicino ai disastri nucleari e brilliamo al buio, risparmiamo sulle bollette, poco. Siamo accerchiati dai campi da minigolf e ci divertiamo, mai.
Contatti:
inquietomag@yahoo.it 

Il loggione
Il Loggione Letterario nasce nel 2017 con l’idea di diffondere la cultura in un modo nuovo, estensivo. La redazione comprende figure come editor, traduttori, writing coagh, illustratori.

https://loggioneletterario.it/ 
Le riviste si possono sfogliare online o scaricare in pdf
Contatti:info@loggioneletterario.it

Formicaleone
Rivista fondata dalle editor Valentina Di Cesare e Mimma Rapicano
Accoglie racconti e poesie
https://formicaleone.com/chi-siamo/
Contatti:

info@formicaleone.com 

Come al solito vi consiglio di leggere attentamente le norme per invio racconti o poesie


Fillide
Rivista che presta particolare attenzione alla filosofia:
https://www.fillide.it/

Geeko
Casa editrice interattiva a misura di tutti gli appassionati di narrativa.  Luogo in cui lettori e scrittori possono raccontarsi, incontrarsi e scambiare opinioni.

Qui puoi leggere il mio raconto L’amor’e

Salmuria

Se avete un racconto inquietante, assurdo, surreale, grottesco, allucinante, potete inviare il vostro racconto di max 10.000 caratteri a:
redazione@salmuria.it 
https://salmuria.it/call-racconti-rivista-letteraria-salmuria/ 

Carieletterarie

http://www.carieletterarie.com/
carieletterarie@gmail.com
Mandare UN solo racconto. Per velocizzare la lettura (e la successiva eventuale impaginazione) dei racconti ci fareste un regalo se nel file word usaste questa formattazione

  • 1 solo racconto;
  • titolo racconto;
  • (a capo) nome autore;
  • (a capo) testo racconto giustificato con i paragrafi senza rientro;
  • (a capo) in calce breve biografia in terza persona e contatto email.
  • 1 solo racconto;
  • 15.000 battute massime (spazi compresi);
  • nell’oggetto dell’email specificare il nome del racconto il testo deve essere SOLO in formato .doc o .docx;
  • il file dovrebbe essere impostato come richiesto sopra;
  • spedire a: carieletterarie@gmail.com

 

Osservatorio Cattedrale

https://www.osservatoriocattedrale.com/collabora/

I racconti non devono superare le 15000 battute spazi inclusi.
Corredare l’invio con una breve bio e con una scheda firmata che ne attesti la forma inedita: inviando il tuo racconto acconsenti al trattamento dei dati personali ai sensi dell’art.7 del D.lgs.196/2003. inviando il tuo racconto acconsenti alla pubblicazione su questo portale.
Inviare tutto a: rivistacattedrale@gmail.com

Colla

Per pubblicare un racconto su Colla, bisogna mandarlo a info@collacolla.org
I racconti devono essere inediti. Avere una lunghezza compresa tra le 5000 (cinquemila) e le 25000 battute (spazi inclusi) contenere nome, cognome e indirizzo e-mail dell’autore
http://www.collacolla.org/

Pastrengo
Racconti brevi (testi al di sotto delle 2500 battute).

http://www.pastrengolit.com/rivista-racconti/
rivista@pastrengolit.com

a4

https://aquattro.org/proponi-un-racconto/
stef.amato@gmail.com
Racconti brevi. Solo fra le 1500 e le 2000 parole. Puoi proporlo in formato .rtf stef.amato@gmail.com. Per comodità di archiviazione  ti preghiamo di nominare il file Cognome_Titolo-del-racconto.

Split
Rivista letteraria che appartiene alla casa editrice Pidgin.
Cercano storie che rivelino una voce e uno sguardo definiti, approcci di visione inusuali e sperimentali sui fatti che non trovano una collocazione chiara nella narrazione collettiva. Inviare all’indirizzo split@pidgin.it, allegando anche una breve nota biografica

 Squadernauti
Inviate i racconti a squadernauti@gmail.com
Un testo di max 12000 battute, se avete un testo rigorosamente inedito, bello, con un forte voce autoriale e non “ammiccante” a gusti editoriali preconfezionati.

https://squadernauti.wordpress.com/come-inviarci-i-vostri-testi-inediti-2/

Stanza251

I testi devono essere in formato .doc, .docx, .txt, .rtf.  Le immagini, in formato .jpg, devono essere di dimensioni sufficientemente grandi, almeno 2000 pixel sul lato più lungo.

https://www.stanza251.com/collaborazione/

redazione@stanza251.com

Inkroci

Pubblica racconti brevi e lunghi di esordienti e classici.

https://www.inkroci.it/racconti-brevi/contatti

contributors@inkroci.it

Contempo

http://www.contempo.cc/

racconti@contempo.cc

Potete inviare il vostro racconto tramite una e-mail contenente nel testo il vostro nomecognome, indirizzo email, indirizzo di posta tradizionale e titolo del vostro racconto a:racconti@contempo.cc e allegando il testo in formato .doc o .docx; il nome del file deve avere questa forma: titolo_del_racconto.doc oppure titolo_del_racconto.docx

Inhiostronero

https://www.inchiostronero.it/category/racconti/

amm@inchiostronero.it

Invia il tuo pezzo usando esclusivamente il modulo che trovi nella pagina COLLABORA CON NOI.

In casi eccezionali (o quando devi inviare immagini), puoi scrivere a amm@inchiostronero.it e allegare, qualora necessario, files in formato doc o rtf.

Qui puoi leggere il mio racconto L’undicesima ora

 

Rivista Blam

Rivista Blam è la rivista letteraria “anomala”, racconta libri, storie, persone, pubblica racconti. Narra il mondo.

Leggere attentamente le modalità riportate qui

Rivistablam.it

blam@rivistablam.it

Lottavo

https://www.lottavo.it/tag/rivista/

info@lottavo.it

→ Qui puoi leggere il mio racconto Non tutto il male viene per cuocere

Riviste letterarie cartacee

 

Nuovi argomenti
Rivista storica collegata alla Mondadori, fondata da Alberto Carocci e Alberto Moravia. Da lì sono passati nomi leggendari quali Arbasino, Bassani, Bianciardi, Bobbio, Calvino (che pubblica La nuvola di Smog e il Diario americano) Cassola, Ginzburg, Fenoglio, Maraini, Montale, Morante, Ortese, Ottieri, Piovene, Pratolini, Raboni, Rea, Vittorini, Zolla.

Bisogna compilare un form all’indirizzo:
http://www.nuoviargomenti.net/invia-il-tuo-inedito

Digressioni
Digressioni è sia una rivista letteraria che una casa editrice indipendente. Pubblicano pochi volumi all’anno selezionati con cura.
https://www.digressioni.com/categoria-prodotto/digressioni-rivista/cartaceo/
Per maggiori informazioni sulla collaborazione con la rivista contattare: info@digressioni.com

 

CrackRivista
Rivista cartacea gratuita. Ha un ampio comitato editoriale. Il processo di selezione attraversa diverse fasi. Accettano racconti di max 15.000 battute 
https://www.crackrivista.it/invia-un-racconto-crack-rivista/
Contatti: crackrivista@gmail.com

Emma
Rivista sia digitale che cartacea, gestita dalla casa editrice Prospero editore.
Ogni sei mesi EMMA seleziona analisi, interpretazioni, materiali e storie per riflettere, raccontare e comprendere la complessità delle società.
Contatti: https://www.emmarivista.org/index.php/contatti

Il foglio clandestino
Il Foglio Clandestino è un aperiodico indipendente dal 1993 si occupa di poesia, traduzione e narrativa breve. “La cadenza è aperiodica per una scelta ben precisa. Per inviare testi in lettura (raccolte di poesia e di racconti) scrivere a:poesia@edizionidelfoglioclandestino.it

Cadillac

https://cadillacmag.wordpress.com/contatti/

cadillacrivista@gmail.com

Prima di inviare il tuo racconto a cadillacrivista@gmail.com accertati di tre cose: che il nome del file contenga il tuo cognome (alighieri_inferno), che non superi le 9.000 battute spazi inclusi e che sia in formato .doc o .rtf (non .docx o .pdf): il materiale che non rispetterà questi parametri verrà automaticamente cestinato

Nuvoi argomenti

prestigiosa rivista edita da Mondadori:

http://www.nuoviargomenti.net/collabora/

Inutile

http://rivista.inutile.eu/contatti/

proposteinutile@gmail.com

  • Scrivete a inutile, rigorosamente minuscolo.  .
  • I file di testo da allegare devono essere in formato rtf, docx o doc, le immagini in formato png, jpeg o jpg.
  • Per i dialoghi utilizza i caporali (« »), non le virgolette o i trattini.
  • Inserite nel messaggio anche una tua biografia molto breve (400 caratteri al massimo) e i riferimenti del tuo sito o del tuo profilo social, in modo che i nostri lettori possano seguirti.
  • I racconti di più di 20mila battute hanno poche possibilità di venire pubblicati. Quelli di più di 25mila è praticamente impossibile. Magari facciamo un’eccezione: ma non contarci.
  • Specifica anche se hai sottoposto lo stesso pezzo ad altre riviste, per favore.
  • Tieni conto che abbiamo un podcast in cui leggiamo i racconti che pubblichiamo: anche il tuo, se lo pubblicheremo.
  • Inviandoci materiale ci autorizzi a pubblicarlo su questo sito e come podcast quanto prima (a seconda del nostro calendario di pubblicazioni), e inviandocelo accetti esplicitamente questo punto.

Effe

http://www.flaneri.com/category/articoli/effe/

altranarrativa@flaneri.com

Inchiostro

http://www.rivistainchiostro.it/

redazione@rivistainchiostro.it

Inviare I testi all’indirizzo email redazione@rivistainchiostro.it sia in pdf sia in formato editabile, allegando il tagliando, compilato, che si trova a pagina 98 di ogni numero della rivista. Oppure in cartaceo a Inchiostro – Rivista di storie e racconti da leggere e da scrivere – via Antonio da Legnago, 23 – 37141 Verona; in questo caso, occorre che il cartaceo sia accompagnato da chiavetta usb o cd contenente il file sia in pdf sia in formato editabile.

 

Menelique
Il collettivo menelique unisce militanti, creativi e artisti, accademiche e giornaliste che condividono scopi politici e un’ambizione editoriale
Contatti:

Informazioni: info@menelique.com

Redazione: redazione@menelique.com

Tina

Rivista che potremmo definire informale e “pop” gestita dallo scrittore Matteo Bianchi. Su ‘tina hanno mosso i primi passi autori affermati come Paolo Nori, Tiziano Scarpa, Antonella Lattanzi…
Come al solito vi consiglio di leggere attentamente le indicazioni di invio 
http://www.matteobb.com/tina/invio-racconti/

 

 

UN ULTIMO CONSIGLIO
Vi consiglio di mandare una semplice email, del tipo

Gentile redazione XXXXX

allego il mio ultimo racconto “L’undicesima ora” nella speranza di

una pubblicazione con voi

Grazie

Un cordiale saluto

Nome Cognome

venerdì 11 febbraio 2022

 

La poesia di Tommaso Meldolesi è in costante equilibrio fra puro lirismo e riflessione filosofica; ma non intendo questo come una sorta di poesia bifronte, ricca ma che magari non riesce a fondere i due elementi, che restano fili indipendenti e oscillanti quasi come due voci separate. No: Meldolesi – e si vede bene in questo Oltre il muro del tempo, riesce a innervare il lirismo (che domina tre delle quattro sezioni, eccetto la prima) di una riflessione di fondo, in virtù della quale gli squarci lirici fungono da exempla concreti, direi da correlativi oggettivi per un discorso più ampio e profondo, che tocca snodi centrali del pensiero non solo contemporaneo.

Essere e divenire, spleen e slancio vitale, spazio e tempo: ecco le polarità principali che mi pare di rinvenire in un libro bello e importante come questo.

Il tempo e lo spazio, in realtà, per la fisica moderna (che parla di spaziotempo) sono quasi indistinguibili: ci muoviamo anche nella stasi, viaggiando con il nostro pianeta attorno al sole a 30 km/sec e, alle nostre latitudini, a circa 1000 km/ora di rotazione: l’idea di stasi è  quasi irrealizzabile, se non in un universo morto.

Gettarsi oltre il muro del tempo (e dello spazio, quindi), cioè viaggiare nello spazio e nel tempo, come suggerisce la fisica, è un’esigenza vitale come il crescere. Questa non è, spero, una astratta elucubrazione personale, ma la materia stessa di cui è fatto questo libro, che mostra una struttura molto calibrata, grande coerenza immaginativa e coesione testuale.

 

È la prima sezione che si incarica di costruire lo sfondo che sarà ulteriormente arricchito di figure nelle tre parti successive e che costituirà globalmente quello che nella Nota introduttiva Tommaso definisce “Viaggio nella memoria, viaggio nella mente e insieme della vista che coglie in un istante immagini e sensazioni”. Viaggio, appunto, per uscire dalla stasi e dalla solitudine così bene descritte già nel primo testo: “ed io rimango solo, nella pioggia, / a rimirare il mondo che si sfaglia” – dove, in quel rimirare, c’è un’eco non troppo velata del leopardiano “sedendo e mirando” (anche qui abbiamo un muretto e un cespuglio, che richiamano la siepe dell’Infinito). Appunto, questo è un viaggio nell’Oltre, che viene accolto in anafora nel terzo testo, che ci stimola quasi ad andare “oltre . . .  il sacco vuoto del mio corpo avvilito”: uscire da sé, sperimentare la dinamicità, il divenire, la vita direi, uscendo da una mote spirituale che non è chiaramente solo quella di un corpo singolo, di una mente, di una spiritualità e di una biografia.

A tratti emerge la perdita di un Tu (Conseguenze, p. 61) descritto come immobile “prigioniero” (“rimani da sola / a fissare i colori”, p. 25). Notiamo con attenzione ogni singola parola di questa striscia, emblematica della stasi e del vuoto. Appare subito dopo un’altra parola chiave, vuoto: “Stai misurando la pregnanza del vuoto / in questa stanza spoglia” (p. 26).

Ecco, provando a tirare le somme di un discorso (che per forza di cose non può essere troppo approfondito in questa sede), un rapido spoglio dei lemmi ci mostra due opposti e ben distinti campi semantici: da un lato abbiamo il campo predominante di stasi/silenzio/vuoto/morte, dall’altro il campo viaggio/oltre/esperienza/vita. Tra le molte e originali modulazioni annoto migrazione: molto interessante, perché proietta il libro nella concretezza del presente e della cronaca. Sono modulazioni che attestano un poeta che (in una mia formuletta) considera l’Io non tanto un oggetto tematico, ma un punto di vista da cui scrivere della modernità, del mondo, di noi. E che non fa astratta filosofia, ma è capace di innervare il discorso poetico di pensiero vivo e profondo.

Ho parlato di coerenza e coesione, che testimoniano se ce ne fosse bisogno come un libro di poesia non sia solo un libro di poesie, ma debba esibire una visione del mondo.

 

Stabilite così almeno le coordinate testuali del libro, le tre sezioni successive (per nulla meno interessanti) procedono a svolgere il discorso sempre restando in re, riportando frammenti (spesso con affetto, specie nella memoria) di questo “vuoto evanescente”, mentre barlumi di sirene che attraggono e tentano l’Io lirico ad uscire dall’immobilità.

Oltre il muro del tempo non è un libro apocalittico, ma certo è tutto intessuto nelle problematiche e nei drammi della presente modernità. Saranno uno scarabeo che “inerpica la china” (p. 52) e un insetto che “s’incammina a fatica” (p. 53) a indicare un percorso ideale per la scoperta del mondo e l’uscita dalla staticità su “zattere del pensiero” (p. 63). E questa lucidità è l’obbiettivo più alto di un libro di poesia.

 

                                                                        Mauro Ferrari

 

 

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Sébastien Le Pajolec et Bertrand Tillier : En conclusion d’Imageries, vous plaidez pour que se développe l’étude de ce que vous appelez « l’imaginaire littéraire du XIXe siècle[1][1]Philippe Hamon, Imageries, littérature et image au XIXe siècle,… ». Que signifie pour vous un imaginaire ?

2Philippe Hamon : Je sais quel sens je veux ne pas donner à ce mot : l’acception psychologique de l’imaginaire, de l’imagination, qui a été tellement ressassée que je ne sais plus très bien ce que c’est que l’imaginaire. On dispose de livres de philosophes, comme celui de Sartre [2][2]Jean-Paul Sartre, L’Imaginaire. Psychologie phénoménologique de…, ou d’ouvrages de psychologues. Mais en tant que « littéraire », j’ai envie de reprendre ce terme dans un sens plus littéral : l’ensemble des interférences, des systèmes d’images, à un moment donné dans une société donnée et dans la tête d’une personnalité donnée produisant une œuvre d’art.

3S. L. P. et B. T. : À vous lire, on comprend que ce terme d’imaginaire aurait été galvaudé.

4P. H. : Oui, par les littéraires. Je parle toujours en tant que littéraire, car je ne suis ni historien d’art ni historien, même si je m’intègre dans l’histoire culturelle au sens large, telle qu’on la définit actuellement. Pour les littéraires, il y avait derrière l’imaginaire toute une tradition psychologisante : l’imagination comme reine des facultés, l’inspiration… Si bien qu’en se référant à l’imaginaire, on ne savait plus trop si on parlait de mémoire, d’imagination ou même de fiction. C’est donc un mot dont je ne me sers pas, car je ne sais pas comment m’en servir ; il ne me satisfait pas. J’avais envie de le reprendre dans un sens « littéraire » et sémiotique (au sens large), en associant trois directions : d’abord, je m’inscris dans l’histoire culturelle (la prise en compte de l’interférence et de la pluralité des discours) ; ensuite, je m’intéresse à des textes, des objets sémiotiques particuliers avec des cahiers des charges spécifiques, des genres spécifiques ; enfin, j’étudie la dimension génétique de ces textes – en quoi on peut traquer l’imagination ou l’imaginaire d’un écrivain à l’œuvre dans ses ratures, ses brouillons, ses dossiers préparatoires, ses prises de notes préalables, etc. Sur ce dernier point, si je m’intéresse à l’image, c’est pour voir en quoi une image rhétorique (comme une métaphore) ou une image réelle (par exemple, une gravure de Breughel pour Le Ventre de Paris de Zola) intervient au stade de la création, pour générer du texte.

5S. L. P. et B. T. : Vous affirmez clairement dans votre livre que la notion d’image a été dévaluée par un demi-siècle d’usages vagues, laxistes… Dans quel contexte académique, voire dans quelles circonstances personnelles, le littéraire que vous êtes a-t-il commencé à s’intéresser aux images ?

6P. H. : Peut-être en tant que dix-neuvièmiste, comme quelqu’un qui, dans son siècle, voit apparaître de nouvelles techniques, telle la photographie. Cette apparition bouleverse les relations de la littérature à l’image, on n’est plus dans la grande confrontation (comme chez Coypel ou Diderot) de la seule peinture avec la seule littérature. Cette dernière se trouve désormais en face d’une multiplicité d’images nouvelles, donc il faut bien qu’elle réagisse, consciemment ou inconsciemment. C’est donc en tant que dix-neuvièmiste, travaillant sur une période d’inflation de l’image, avec de nouvelles techniques qui apparaissent, mais aussi de nouveaux supports (la presse, le livre illustré…), de nouveaux genres (la bande dessinée…) et peut-être même de nouveaux organes physiques – je pense ici à tout ce que Balzac dit sur l’œil du Parisien, « nouvel organe » sollicité par de nouveaux types de spectacles ou une nouvelle ville transformée en spectacle –, que j’ai commencé à voir de l’image partout, comme les gens du XIXe siècle, mais aussi de l’image inscrite puisque si vous ouvrez un roman de Flaubert au hasard, vous trouverez en une seule page une douzaine de références à des images : si c’est une scène de rue, il y aura des affiches, des enseignes, des statues, des vitrines à voir, des objets exposés ; si c’est une scène de boudoir, des tableaux accrochés au mur, des images dans le tapis et des broderies sur les fauteuils ; si c’est une scène de paysage naturel, des reflets, etc.

7S. L. P. et B. T. : Il y a l’image et ses effets – ce qui est imageant ?

8P. H. : Bien sûr, que l’on soit historien d’art, philosophe, historien ou littéraire, on est tous pris dans un triangle. D’abord, l’image mentale : qu’est-ce qu’on a dans la tête quand on regarde un tableau, quand on lit un texte ? Sartre parle de « conscience imageante ». Ensuite, l’image à lire : métaphore, comparaison, hypotypose, figures qui mettent le texte en position de simultanéité de lecture et non plus de linéarité. Enfin, l’image réelle : l’image à voir. Le mystère, c’est l’interférence, la hiérarchie, l’influence réciproque de ces trois sortes d’images.

9S. L. P. et B. T. : Ce serait au XIXe siècle que cette connexion aurait lieu pour la première fois ?

10P. H. : Le XIXe siècle n’a évidemment pas inventé ces trois sortes d’images, mais c’est au XIXe siècle que l’apparition de nouvelles techniques, de nouveaux supports et de nouvelles configurations historiques va provoquer une inflation de cette interférence et donc de nouvelles problématiques et de nouvelles questions. Ce qui m’intéresse, si je suis un petit peu historien, c’est d’étudier certains moments où ces trois types d’image entrent en crise, chacune étant transformée par la modification des deux autres.

11S. L. P. et B. T. : L’un des apports majeurs de vos travaux, c’est la distinction à laquelle vous invitez, entre image et illustration, pour un XIXe siècle où l’on a craint que l’illustration tue le livre et la littérature ?

12P. H. : Cette crise apparaît très clairement à la lecture de la presse. On connaît une diatribe d’Eugène Pelletan [3][3]Eugène Pelletan, La Nouvelle Babylone, Paris, Pagnerre, 1862,… disant que la civilisation est en décadence parce que le livre illustré se répand et qu’il est destiné aux femmes qui lisent distraitement. C’est la mort du livre et de la littérature. On voit donc bien qu’il y a des crises opposant les iconophiles aux iconophobes. Auparavant la traditionnelle bataille d’images (le « ceci tuera cela » de Victor Hugo [4][4]Parole prononcée par Claude Frollo, l’archidiacre de Notre-Dame…) se faisait dans un système de collaboration, de concurrence ou de complémentarité, mais cela ne se produisait pas nécessairement sous forme de crises. Or, au XIXe siècle, je crois que la relation du texte littéraire à l’image industrielle, aux nouvelles imageries, est pensée sous forme de crise et que cela a des répercussions dans les textes. J’ai essayé de montrer justement qu’une comparaison chez Flaubert n’a rien à voir avec une comparaison dans un texte publié cent ans plus tôt, alors que structurellement la comparaison fonctionne sur le même système (A est comme B), de Homère à Robbe-Grillet. Mais, on voit bien apparaître chez Flaubert un nouveau type d’images, de comparaisons, comme chez Baudelaire apparaissent les fameuses « images américaines [5][5]L’expression est de Jules Laforgue, qui l’emploie à propos de… » : « Ta gorge triomphante est une belle armoire [6][6]In Le beau navire, « Spleen et idéal », Les Fleurs du Mal. », où le comparant est pris pour saboter le comparé. Je consacre un chapitre à ces images rhétoriques, propres au XIXe siècle, qui témoignent soit par le sabotage, soit par « l’image américaine », soit par des techniques proprement stylistiques de « défiguration », de cette crise de l’image rhétorique.

13S. L. P. et B. T. : Parce qu’il y a une ambiguïté de l’image, vous montrez qu’elle puise à l’emblème, au symbole, au mythe, qui sont des versants positifs de l’image, et en même temps elle est souvent aussi très proche du cliché, du stéréotype, de la caricature, donc de quelque chose d’un peu usant.

14P. H. : Est-ce qu’il faut tenir compte de toute cette famille d’images pour penser tel ou tel type d’images, dont on est spécialiste ? Est-ce qu’on peut faire abstraction des autres membres de la famille ou au contraire est-ce qu’il ne faut pas essayer de voir justement les interférences, les mises en crise de l’une par l’autre ?

15S. L. P. et B. T. : Dans cette mise en crise, il y a aussi le fait que cette nouvelle imagerie se développe de manière d’autant plus spectaculaire au XIXe siècle que l’art perd de son unicité, de son aura esthétique – ce que vous appelez la peur de « l’image plate ».

16P. H. : Sur la question de la perte d’aura de l’art, on suit tous Walter Benjamin. Il est certain que si l’image se multiplie, elle perd de sa valeur, aussi bien économique qu’esthétique. Est-ce que la solution, c’est de proclamer la décadence, comme le font certains, ou est-ce, du moins celle que propose l’avant-garde littéraire (Baudelaire, Flaubert, Rimbaud, Mallarmé…), de reprendre à l’image industrielle un certain nombre de techniques, procédés, structures ou pratiques pour revigorer, rénover la littérature ? Rimbaud revendique explicitement la platitude. Par rapport à l’image classique, centrée, cadrée, on voit apparaître l’image décadrée : sur une page de journal, peuvent coexister une réclame de corset, la reproduction d’un tableau de Raphaël ou une caricature de Cham. Les notions qui jusqu’alors, dans toutes les esthétiques de la peinture ou de la littérature, étaient négatives, comme celle de l’hétéroclite, du mélange, de la vitesse (de lecture), du feuilletage, de la platitude, vont être récupérées par l’avant-garde pour devenir des esthétiques positives. On va fabriquer des textes hétéroclites, fragmentés, des textes « à lire dans tous les sens » (selon une formule de Rimbaud). Lire des textes dans tous les sens c’est un peu comme balayer de l’œil une image. Ou bien cela est vécu sous la forme de la crise, ou bien dans le cas de l’avant-garde, on récupère les valeurs qu’introduit l’image industrielle, qui étaient jusqu’alors des valeurs réputées négatives – la fragmentation, l’hétéroclite, la dysharmonie… –, pour fonder un nouveau type de littérature moderne. Il convient alors de voir comment un moment historique récupère les valeurs négatives des esthétiques précédentes, pour vivre une crise de laquelle surgit quelque chose de neuf.

17S. L. P. et B. T. : Ce double mouvement de rejet des nouvelles imageries d’une part, et de réappropriation des images industrielles par l’avant-garde littéraire, d’autre part, le voyez-vous comme un phénomène concomitant ou soumis à des évolutions chronologiques ?

18P. H. : Je pense que tout cela reste largement concomitant ; il ne faudrait pas voir un « âge classique » auquel succèderait brusquement, à une date donnée, un « âge moderne ». Il n’y a pas d’évolution linéaire, les différents discours et systèmes coexistent, mais ils se déplacent souvent : par exemple, les grandes formes romanesques du XIXe siècle se retrouvent aujourd’hui à la télévision. Par ailleurs, il est certain que la période du Second Empire est celle où tout se passe : Baudelaire, Flaubert, le premier Parnasse, Mallarmé, le tout premier Rimbaud de la fin de l’Empire… On peut dater ce phénomène de basculement sur une quinzaine d’années mais je n’aime pas du tout les expressions « période charnière » ou « période de transition ». Je préfère parler de « période de crise », c’est-à-dire le moment où la crise est vécue comme telle par des gens conscients de celle-ci. Mais Hugo coexiste parfaitement, en 1869, avec le Parnasse contemporain, Zola et Lautréamont.

19S. L. P. et B. T. : C’est ce que vous montrez quand vous parlez du XIXe siècle comme d’un siècle de la promiscuité des images. Toutes sortes d’images très différentes – voire contradictoires, coexistent, se chevauchent…

20P. H. : Surtout, elles deviennent visibles, si on peut dire cela de l’image. Rimbaud parle de « ruissellement » d’images [7][7]Dans sa lettre du 17 avril 1871 à Paul Demeny.. Je crois que s’il fallait absolument fixer des dates pour cette invasion d’images, on pourrait évoquer la fondation du Magasin pittoresque et de L’Illustration. Il y a quand même ce fait brut que l’image devient visible, qu’elle n’est plus rare, qu’elle n’est plus chère, qu’elle n’est plus réservée aux collections de princes, qu’elle n’est plus difficile d’accès, qu’elle envahit la rue, les vitrines, l’espace public et l’espace privé par les bibelots kitsch du petit bourgeois… L’iconosphère, ce serait tout cela, cet ensemble d’images, et l’iconotope serait un système de relations mutuelles entre l’image neuve et le cliché, entre l’image industrielle et l’image rare, entre l’image nationale (l’image d’Épinal) et l’image exotique (l’estampe japonaise). Reste à savoir quel est le rôle de cette iconosphère ou de cet iconotope, au moment où un écrivain commence à créer. Et comment est-ce présent dans le texte ? Par exemple, dans le poème Paysage de Baudelaire [8][8]Paysage appartient à la section des « Tableaux parisiens » des… qui est construit comme un appareil photographique : le poète est dans sa chambre, il se met à sa fenêtre, regarde le paysage extérieur, puis il ferme les volets et revient dans sa chambre tirer le négatif des images rêvées par rapport aux images réelles de l’extérieur. Sauf que les images tirées dans la chambre (le mot « tiré » est dans le poème « tirer un soleil de mon cœur ») sont des images colorées alors que l’image du monde extérieur, c’est un Paris en noir et blanc. Cela représente aussi un problème : en quoi les structures des nouvelles machines à voir structurent-elles les textes littéraires ? Puis vient le troisième volet : que se passe-t-il dans la tête d’un lecteur qui lit un poème de Baudelaire, comme Paysage qui parle de la vision, de l’acte de voir ? Qu’est-ce que je vois quand je lis le mot « paysage » ? Je ne vois rien. Qu’est-ce que je vois quand je lis le premier vers : « Je veux pour composer chastement mes églogues, / Coucher auprès du ciel, comme les astrologues » ? Tout le monde décrète qu’on voit plein de choses à la lecture d’un texte littéraire ; en réalité, on ne voit rien, sauf à nous poser des électrodes sur le crâne !

21S. L. P. et B. T. : Parce que c’est une conception, une vision, même si on ne voit rien ? Quand Baudelaire parle du monde comme d’un « réservoir d’images », il plaque sur le monde une vision artificielle ?

22P. H. : On revient ici aux grandes missions de la littérature. Là, nous parlons des missions imageantes de la littérature, comme l’hypotypose qui donne à voir. Mais, depuis Aristote, donner à voir n’a jamais été la mission de la littérature. Elle doit agir sur l’auditoire : plaire, persuader, convaincre un auditoire, se justifier, conseiller une assemblée, et louer ou blâmer si on est plutôt dans le genre épidictique… La rhétorique ne traite pas de la fonction imageante de la littérature. Cela pose à nouveau la question, qu’on avait soigneusement enterrée, de la fonction de la littérature. Comment agit-elle ? Que fabrique-t-elle comme action ? Quelle est la vérité de Proust, par exemple ? Il y a peut-être une connaissance psychologique dans l’œuvre de Proust, une connaissance sociologique dans le Voyage au bout de la nuit de Céline ? C’est aussi une question : quel est le savoir de l’écrivain ? L’écrivain est un professionnel spécialiste mais spécialiste de quoi ? Si on fait de la littérature un lieu de production du savoir, comme les autres discours d’autorité (la religion, la science…), il ne s’agit plus du tout de voir, mais de savoir – mais de savoir quoi ?

23S. L. P. et B. T. : Pour vous, l’image n’est-elle pas un des personnages du « personnel du roman[9][9]Philipe Hamon, Le Personnel du roman : le système des… » ?

24P. H. : Ce serait un fonctionnaire du roman, en tout cas dans l’esthétique naturaliste. Dès qu’un roman naturaliste commence, on voit qu’un personnage va à la fenêtre, s’y accoude et on a la description de la gare (première page de La Bête humaine) ou du grand magasin (première page d’Au bonheur des dames). On comprend que le personnage n’est qu’un porte-regard convoqué par l’auteur qui, n’ayant plus le droit d’intervenir dans l’esthétique de l’objectivité, délègue la vision à un personnage. C’est un peu un truc. Mais à un stade plus noble, on peut se demander si tel ou tel personnage est porteur d’une « vision du monde ». Posons-nous la question : qu’est-ce que je vois quand je lis un texte ? Cinq ou six réponses sont possibles : Est-ce que je vois les objets ? Quand Baudelaire écrit : « je vais à ma fenêtre », est-ce que je vois une fenêtre ? Est-ce que je vois le langage ? le style ? Autrement dit pas un paysage, mais un paysage de Baudelaire – ce qui est différent. Est-ce que je vois le texte comme texte ?

25S. L. P. et B. T. : Est-ce que justement un paysage de Baudelaire peut être une image ? Dans quelles conditions ?

26P. H. : Cela peut être le cas pour un livre illustré, puisque l’illustrateur va réduire le poème à une image. L’image est, à ce moment-là, une sorte de maquette à voir d’un texte à lire. Une synthèse sûrement très appauvrissante ; c’est pourquoi Flaubert interdisait toutes les illustrations de ses œuvres. Cette question de l’image renvoie à nouveau à la question du voir, qui complique encore les choses. Au fond, peut-être peut-on lire un texte sans rien voir. Si je lis Rimbaud – « le pavillon en viande saignante sur la soie des mers et des fleurs arctiques [10][10]In « Barbare », Illuminations. » –, qu’est-ce que je vois ? Rien, je comprends bien tous les mots : « pavillon », « viande saignante », « mer »… Tous les mots sont compréhensibles mais on ne voit rien ; on n’a aucune image synthétique. Cela complique encore la question : est-ce qu’il y a des visions locales et des visions globales ? Dans le poème Paysage, « fleuve de charbon » est une métaphore qui désigne la fumée. J’ai une vision locale mais dès que je referme le livre, quelle vision globale ai-je dans la tête après avoir lu Paysage de Baudelaire ?

27S. L. P. et B. T. : Au fil de vos travaux, vous avez dégagé une figure double : celle de l’écrivain comme amateur d’images, que redouble celle du lecteur comme spectateur, mais spectateur de quoi ? Spectateur des images ou spectateur des images revues, transformées par les écrivains ?

28P. H. : On est dans un feuilleté, dans une superposition d’images. Parce que déjà dans la métaphore de Baudelaire – « les clochers, ces mâts de la cité [11][11]In Paysage, « Tableaux parisiens », Les Fleurs du Mal. » –, il est certain que si le poète décrit les clochers de Paris et s’il les assimile à des « mâts de la cité », ceux-là ne sont pas dans le même plan fictionnel que les clochers. L’image met en épaisseur un texte qui est normalement linéaire, et donne une volumétrie qui se dégage à l’acte de lecture. Mais le problème est que c’est sans doute infini : dans « les clochers, ces mâts de la cité », je peux déduire que Baudelaire a en tête une image interstitielle qui a fait le court-circuit entre les deux plans : les clochers au premier plan, les mâts au second plan, et entre les deux se trouverait l’emblème de Paris, qui est sur tous les murs de la ville : un bateau avec un mât et une voile. Est-ce que l’image industrielle de l’emblème de Paris n’a pas court-circuité l’image à lire ?

29S. L. P. et B. T. : Ce serait cela la « sidération » de la littérature par l’image, dont vous parlez ?

30P. H. : Oui, ou une forme d’imprégnation, pour reprendre un des termes de l’époque, puisque pour Zola, par exemple, la femme est un appareil photographique à tirer des épreuves – les enfants, qui ressemblent aux parents.

31S. L. P. et B. T. : À propos de cette imprégnation de la littérature par l’image, pensez-vous qu’il y ait des genres, des formats littéraires qui s’y prêtent plus que d’autres ?

32P. H. : C’est une hypothèse que j’avais au début de mes recherches : il y a des cahiers des charges spécifiques selon le genre. À force de lire des textes, on constate que c’est la même chose dans un roman de trois cents pages, un poème lyrique ou un sonnet de quatorze vers. Il y a le même type d’imprégnation, la même iconosphère. Alors on peut dire que le roman réaliste ou naturaliste, le roman de mœurs qui est un roman urbain, sociétal, sur les mœurs du temps, va accorder peut-être plus de place aux images parce que dans les rues, dans les villes, dans la vie en société, beaucoup de ces images anciennes et nouvelles sont présentes. Mais le poème lyrique qui a l’air de parler de sentiments, de spleen, est tout autant obsédé et imprégné d’images. Chaque poème de Baudelaire est un « magasin d’images ». Tout texte du XIXe siècle est imprégné de références à l’image. Dans mon livre, j’énumère tous les objets figuratifs analogiques cités par Flaubert dans Un cœur simple[12][12]Philippe Hamon, Imageries…, op. cit., p. 11.. Dans cette prose courte, d’une vingtaine de pages, on assiste à une extraordinaire imprégnation du texte par les images référencées comme telles. Et puis il faut évoquer la présence de l’image imprégnant le texte structurellement : dans Paysage, Baudelaire qui déteste la photographie ne cite pas l’« appareil photographique ». Mais c’est une deuxième forme d’imprégnation que la présence de la structure de l’appareil photographique, avec une chambre, un obturateur, un objectif et un tirage. Enfin, les images se développent dans la tête des lecteurs. L’image est partout, ce qui n’est pas très confortable. Peut-être faudrait-il aller vers des pratiques limites, où il y a bien de la lecture, du sémiotique, un acte de lecture et radicalement pas d’image (comme un musicien lisant une partition de musique). L’autre voie serait celle de la génétique des textes qui consiste à regarder dans un dossier préparatoire de Zola, Proust ou Flaubert, où, quand et comment intervient de l’iconique, de l’analogique, un musée d’images quelconques ou une iconosphère qui commencerait à agir pour orienter la création. Il ne s’agit pas de considérer l’image comme quelque chose qui interviendrait à la fin de la création – un ornement décoratif, un accessoire descriptif ultime – mais de se demander si cette image ne serait pas à l’origine de l’écriture ? « L’image pense pour moi », disait Paul Éluard.

33S. L. P. et B. T. : C’est l’idée du monde du XIXe siècle comme une fabrique ?

34P. H. : Mais aussi de l’image comme incitative, générative, et non pas comme objet cité a posteriori pour illustrer, amuser ou faire vrai.

35S. L. P. et B. T. : Dans cette approche génétique ne retrouve-t-on pas une idée que vous avancez dans Imageries, celle de l’écrivain envisagé comme une « plaque sensible » ?

36P. H. : Oui, c’est même une manière d’éviter la psychologisation classique et le concept d’inspiration. La fonction de fabrication d’images rhétoriques est fortement médiatisée. C’est cette notion de médiation qui finit par m’intéresser. Est-ce que la médiation est dans ce stade génératif ? Ou est-ce qu’elle n’est pas dans la rétine ou dans le cerveau ? L’image est une médiation perpétuelle.

37S. L. P. et B. T. : Cela implique que l’image soit active et qu’elle soit douée de ressources intrinsèques ? On le comprend en vous suivant, notamment dans votre enquête sur la polysémie et l’incertitude qui président à l’apparition d’un album, sous le bras de Frédéric, au début de la deuxième version de L’Éducation sentimentale ?

38P. H. : Des critiques, spécialistes de Flaubert, ont essayé de savoir ce qu’était cet album, mais peu importe. Il est le symptôme d’une entrée dans l’ère du feuilletage, de la vitesse, de la lecture dans tous les sens. À la limite, il peut être un album sans images, un album de formes brèves : les Petits poèmes en prose à lire dans tous les sens suit le modèle de l’album romantique, des premiers livres où s’opèrent des juxtapositions d’images. L’album est, d’abord, un recueil, et cela change beaucoup de choses (dans l’acte de lecture, dans l’édition, dans la production).

39S. L. P. et B. T. : En écho au défilement, au feuilletage, le cinéma peut aussi bien être vu comme un prolongement technique de la photographie que comme un retour en arrière.

40P. H. : Oui, le cinéma revient en arrière. Dans une salle de cinéma, je ne peux pas dire : « Stop ! je n’ai pas très bien compris ». En un sens, le cinéma est « réactionnaire » par rapport à ces nouveaux livres qui commencent à fleurir au XIXe siècle. Je crois que chaque nouvel art est obligatoirement réactionnaire. Tourner une adaptation filmée de Germinal[13][13]Germinal, film d’Albert Capellani et André Antoine, 1913., comme Antoine avec des acteurs de la Comédie-Française, n’est pas très novateur. Il y a peut-être aussi dans chaque nouveauté technique un aspect un peu régressif. Peut-être vit-on aujourd’hui, avec la dématérialisation des textes proposée par l’informatique, l’aboutissement de cette ère inaugurée par l’album. Les gens du XIXe siècle ont été, je crois, parfaitement conscients qu’ils changeaient de monde : parce qu’on entrait dans l’ère de la presse, de l’image industrielle, de l’inflation des images, de la publicité, de certaines formes de dématérialisation… Dans le dossier préparatoire de L’Argent, un de ses derniers romans, Zola dit qu’il veut faire tout le contraire de Balzac avec ses usuriers qui entassent des pièces d’or, des billets, donc des images. Et dans L’Argent, tout est dématérialisé, il n’y a plus que les « jeux d’écriture » des financiers – ce qui renvoie peut-être à la figure de l’écrivain. Je crois que ce milieu du XIXe siècle, entre Le Magasin pittoresque et l’apparition du cinéma, est très intéressant parce qu’on trouve des traces réelles de ce sentiment de basculement, que certains vivent comme crise, d’autres comme décadence, d’autres encore comme régénérescence ou ressourcement de la littérature.

41S. L. P. et B. T. : Est-ce que des images vous ont vous-même marqué et ont modifié votre approche de vos matériaux littéraires ?

42P. H. : Pas fondamentalement, parce que, dès le départ, je crois qu’un littéraire se pose la question de l’image avec la problématique de la mimesis par exemple. C’est déjà inscrit dans le programme de tout littéraire qui se respecte. Reste que ce que j’ai peut-être approfondi, ce sont ces degrés et ces modes d’imprégnation dans un texte, les citations explicites mais surtout toutes ces formes de citation implicite (le blason de la ville de Paris dans le poème de Baudelaire), toutes ces images absentes qui sont présentes sans être verbalisées. Et puis il y a, au niveau global, ces structures de l’appareil photographique (Michel Serres a montré aussi que toute l’œuvre de Zola était informée par la structure de la machine à vapeur [14][14]Michel Serres, Feux et signaux de brume, Zola, Paris, Grasset,…). Ces choses, je les ai peut-être découvertes un peu tardivement. Maintenant, j’aime bien essayer d’aller voir, en lisant un texte littéraire, quels sont ces degrés de présence du plus explicite (le texte cite une image) au plus implicite, c’est-à-dire à l’imprégnation structurelle plutôt qu’à la référence explicite. Et puis la deuxième voie, c’est au stade génétique, de voir où intervient la référence à l’image, qui peut être une référence à un musée imaginaire de Zola préparant La Bête humaine ou tout autant un plan manuscrit (un dessin) que Zola a exécuté et conservé dans son dossier préparatoire de La Bête humaine : il commence par tracer une ligne, à chaque extrémité de laquelle il place Le Havre et Paris, et le « milieu » de cette ligne où tout se passera ; en préparant L’Assommoir, il fait une croix et il situe l’action au carrefour. Il y a donc aussi les dessins et les images que l’écrivain fait, qui sont les plans qu’il trace comme le ferait un architecte. Zola fait le plan du quartier, puis le plan de l’appartement, et quelquefois même le plan de la table. C’est bien de l’image que cela : on dispose maintenant de ces dossiers préparatoires, avec tous ces plans de la main de Zola, qui sont en cours de publication et de transcription [15][15]Par Colette Becker, La Fabrique des Rougon-Macquart (Paris,….

43S. L. P. et B. T. : Est-ce que l’image vous importe, vous imprègne ? Quelle est votre image en surimpression ?

44P. H. : Je ne le sais pas, il faudrait peut-être faire une psychanalyse, pour remonter aux premières images ! Quelles sont nos premières images ? J’ai un souvenir, j’avais dix ou douze ans, au musée de Quimper, où j’ai vu un tableau d’Émile Bernard, compagnon de Gauguin à Pont-Aven. C’est possible, maintenant que vous me le demandez, que cela ait un rapport, car c’est un pur exemple de cloisonnisme avec un cerne, et dans le cerne une peinture en aplat, sans perspective. Une image plate, la carte à jouer que l’on reprochait déjà à Manet, mais qui dans le tableau de Bernard est systématisée : le tableau comme un vitrail. Il y a là une structure qui m’avait frappé, qui m’avait plu, parce que c’était l’antithèse de l’impressionnisme et du volumétrique. Il faudrait voir quelle est la structure imageante qui aurait pu induire ma façon de travailler, je ne sais pas… Dans La Légende de Saint Julien L’hospitalier, Flaubert n’écrit-il pas selon une « technique-vitrail », par fragments juxtaposés ?

45Propos recueillis à Paris, le 5 mars 2008.

Notes

  • [1]
    Philippe Hamon, Imageries, littérature et image au XIXe siècle, Paris, José Corti, 2007, p. 435.
  • [2]
    Jean-Paul Sartre, L’Imaginaire. Psychologie phénoménologique de l’imagination, Paris, Gallimard, coll. « Bibliothèque des idées », 1940, 248 p.
  • [3]
    Eugène Pelletan, La Nouvelle Babylone, Paris, Pagnerre, 1862, 388 p.
  • [4]
    Parole prononcée par Claude Frollo, l’archidiacre de Notre-Dame de Paris.
  • [5]
    L’expression est de Jules Laforgue, qui l’emploie à propos de Baudelaire (voir Philippe Hamon, Imageries…, op. cit., p. 300).
  • [6]
    In Le beau navire, « Spleen et idéal », Les Fleurs du Mal.
  • [7]
    Dans sa lettre du 17 avril 1871 à Paul Demeny.
  • [8]
    Paysage appartient à la section des « Tableaux parisiens » des Fleurs du Mal.
  • [9]
    Philipe Hamon, Le Personnel du roman : le système des personnages dans Les Rougon-Macquart d’Émile Zola, Genève, Droz, 1983, 325 p.
  • [10]
    In « Barbare », Illuminations.
  • [11]
    In Paysage, « Tableaux parisiens », Les Fleurs du Mal.
  • [12]
    Philippe Hamon, Imageries…, op. cit., p. 11.
  • [13]
    Germinal, film d’Albert Capellani et André Antoine, 1913.
  • [14]
    Michel Serres, Feux et signaux de brume, Zola, Paris, Grasset, 1975, 379 p.
  • [15]
    Par Colette Becker, La Fabrique des Rougon-Macquart (Paris, Honoré Champion, 2003-2006, 3 vol. parus).