domenica 12 maggio 2019



Salvini, ora è vera svolta repressiva

La bozza del nuovo decreto sicurezza postula l'ulteriore sbilanciamento di poteri a favore delle forze dell'ordine a danno di chiunque partecipi ad una manifestazione pubblica. È chiara la volontà di azzerare, attraverso la repressione, il conflitto sociale, andando a colpire alcune forme nelle quali il conflitto solitamente si esprime

Il tentativo di svolta autoritaria del Governo Salvini continua e si rende sempre più esplicito. La bozza disponibile del cosiddetto nuovo decreto sicurezza è un chiarissimo segnale in questa direzione. La lotta alle persone migranti e alle navi della solidarietà (fatti di per sé già gravi) viene usata anche per costruire norme che danno sempre più poteri alla polizia nei confronti di chi organizza e partecipa a manifestazioni pubbliche. In altre parole, le politiche contro le migrazioni sono il cavallo di troia di un disegno autoritario che tende ad intimorire, con il volto della repressione, quanti si oppongono frontalmente alla deriva in atto. Il consenso ottenuto sulla guerra alle persone migranti viene utilizzato per instaurare un regime repressivo nei riguardi delle forme di conflitto esplicite, verso tutte le forme di opposizione di piazza non compatibili con l’ordine politico a vantaggio del Governo in carica e, in particolare, delle politiche leghiste.
Il Decreto sicurezza 132/2018, convertito nella Legge 132/2018, aveva già inasprito le pene verso chi organizza le occupazioni a scopo abitativo, così come aveva ampliato il ventaglio dei reati per i quali si perde il permesso di soggiorno. La tendenza era molto evidente, ma ora il Ministro dell’Interno, e di fatto capo del Governo, Matteo Salvini tenta un salto di qualità.


In premessa del testo del nuovo decreto sicurezza si evidenzia che ci sarebbe “la particolare necessità ed urgenza di rafforzare le norme a garanzia del regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico”. In particolare, l’articolo 6 della bozza del nuovo decreto sicurezza prevede di punire con la reclusione da uno a tre anni “chiunque nel corso di manifestazioni, per opporsi al pubblico ufficiale (…) utilizza scudi o altri oggetti di protezione passiva” e con la galera da due a quattro anni chiunque “lancia o utilizza illegittimamente (…) razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi (…) ovvero bastoni, mazze”. Inoltre, il decreto prevede di sopprimere la possibilità di riconoscere “la causa di esclusione della punibilità per ‘particolare tenuità del fatto‘ in caso di reato di violenza, resistenza, minaccia e oltraggio commessi a danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni”.
È evidente l’ulteriore sbilanciamento di poteri a favore delle forze dell’ordine a danno di chiunque partecipi ad una manifestazione pubblica. È chiara la volontà di azzerare, attraverso la repressione, il conflitto sociale, andando a colpire alcune forme nelle quali il conflitto solitamente si esprime, ad esempio quella dell’uso di fumogeni o petardi, così come è chiara la volontà di comunicare il primato della polizia e dell’ordine vigente su quello delle manifestazioni di protesta e, quindi, delle rivendicazioni organizzate e collettive di diritti.
Lo slogan ‘prima gli italiani’ si rafforza con questo decreto che, negli articoli 1-4, muove guerra alle navi di solidarietà, prevedendo di “attribuire al Ministro dell’Interno la competenza a limitare o vietare il transito e/o la sosta nel mare territoriale qualora sussistano ragioni di ordine e sicurezza pubblica”. E, insieme, questo nuovo decreto sicurezza rende evidente quanto lo slogan ‘prima gli italiani’ serva a far passare una serie di politiche autoritarie, sia utile, cioè, per concretizzare lo slogan ‘prima la polizia’ che Matteo Salvini di fatto propaganda da tempo, come mostrato dalla sua ostentazione continua delle felpe delle forze dell’ordine.
Vedremo a breve se gli alleati di governo asseconderanno questa ulteriore accelerazione autoritaria o se, facendo cadere il Governo, fermeranno la deriva in atto.

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