mercoledì 7 ottobre 2020

MORTE DI JULIETTE  GRECO, L’ULTIMA VOCE DELL’ESISTENZIALISMO, LA ROSA NERA DEI CORTILI

                                                                                                         di Tommaso Meldolesi

 

Il 23 settembre 2020 si è spenta Juliette Gréco, cantante straordinaria, attrice musa dell’esistenzialismo, Iniziò la sua carriera negli anni Quaranta, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Era probabilmente l’ultima di una lunga lista d’intellettuali  (da Sarte a Simone de Beauvoir, da Merleau-Ponty a Camus), che hanno animato la vita culturale parigina negli anni della rinascita della ville–lumière e dei caffè della Rive Gauche.  Ha recitato testi di Cocteau, cantato Prévert, Cocteau stesso, Mauriac e tanti altri. Lei piccola ragazzina di origine corsa a Parigi è diventata un mito, una leggenda. E’ era rimasta l’ultima a testimoniare di un mondo di cui adesso parlano i libri di storia ma di cui spesso i giovani non sanno molto poco. Un’epoca che è stata quella della manifestazione di un ideale di libertà politica, di giustizia e d’amore per la vita. Un’epoca in cui l’alta letteratura, la poesia, la filosofia e la canzone confluivano in un solo afflato: quello della rinascita e della testimonianza viva dell’esistenza sofferente eppur straordinaria dell’essere umano. Juliette Gréco è stata la musa dell’esistenzialismo, come Sartre amava definirla, perché – diceva il filosofo – la sua voce meravigliosa contiene milioni di canzoni. Juliette Gréco per Ed è anche stata la musa ispiratrice per una generazione di  cantanti come Gainsbourg, o Vian.  Ha cantato Piaf, Brel, Ferré e molti altri  poeti come Prévert, Laforgue contribuendo alla loro diffusione e a tenere vivo il loro ricordo. “Io mi ricordo tutto”, diceva ponendosi non solo come cantante straordinaria la cui voce, malgrado l’età avanzata, risuonava nei teatri come un’eco, ma come testimone viva della cultura della Francia di metà Novecento. Juliette Gréco è stata colei che ha tenuto alto per tutti questi anni il ricordo di un momento che molti hanno pensato immortale negli anni dell’immediato dopoguerra e che con la sua morte è definitivamente scomparso. François Mauriac la definiva come una figura ancestrale divina eppure inquietante perché sempre sfuggente e sempre vestita di nero. Ora quella piccola silhouette nera, magrissima dal sorriso un po’ triste ci ha lasciati. E’  rimasta un mito fra i miti, l’ultimo, forse il più triste perché irripetibile.


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